di Gaetano Cappelli, scrittore
…e riesco finalmente a pensarci, al futuro, ma come a un romanzo, uno di quelli che mi piace scrivere.
Il presente, il futuro e poi il presente e di nuovo il futuro: a pensarci, ogni volta ci si spalanca davanti un cupo abisso di nulla… no, qualcosa la vediamo o, piuttosto, la sentiamo. È questa vocina che ci dice: ma tanto non ci sarò! Già, e i nostri figli? E il tempo impazzito sin da adesso? Le siccità e i susseguenti incendi apocalittici e le inondazioni derivanti?
Bisogna far qualcosa, subito! Ma la faccenda che il cambio di marcia per cambiare le cose riguardi le individualità di noi abitatori del pianeta – ben sette miliardi di ego-riferiti – non può che ributtarci nell’angoscia. Eppure eppure… qualcosa si muove. E a farla muovere hanno iniziato proprio i nostri figli, facendosi sentire, dissentendo dal loro destino certo di vittime future. E dunque… dunque… eccola, la speranza!
Così, per iniziare, invece che in macchina, torno a piedi dal centro dove ho comprato meno abiti – la moda è, sembra incredibile, la seconda causa d’inquinamento mondiale! –, a casa mi lavo attento a non sprecare troppa acqua e accendo solo le luci necessarie, mangio meno carne possibile – gli allevamenti intensivi sono terribili anche per il buco dell’ozono –, dopodiché metto sullo stereo il Preludio e Fughetta in sol minore di Johann Sebastian Bach e riesco finalmente a pensarci, al futuro, ma come a un romanzo, uno di quelli che mi piace scrivere, che cominciano nella disperazione eppoi tutto si risolve; d’altra parte non sarebbe la prima volta che accade nel mondo di noi umani! Evviva!