di Silvia Nanni
Ispettrice Polizia di Varese
esperta in contrasto alla violenza
Il disagio e la devianza minorile, il bullismo nella sua forma cibernetica insidiosa e difficile da “decodificare” sono tra le emergenze del nostro tempo che, ormai quotidianamente, le Forze di Polizia sono chiamate ad arginare. L’utilizzo sempre più massiccio delle tecnologie, il web e la sua indiscriminata capacità di diffusione immediata di immagini e giudizi sommari, le innumerevoli insidie del mondo virtuale hanno provocato cambiamenti epocali e di conseguenza la necessità di una formazione “specialistica, multiprofessionale e sinergica” per i professionisti della Giustizia, del Diritto, dell’Ordine e della Sicurezza pubblica. Il cyberbullismo è una forma di devianza messa in atto tramite l’utilizzo del mezzo tecnologico che si manifesta attraverso azioni intenzionali offensive e violente, comportamenti aggressivi, prevaricazioni e oppressioni psicologiche reiterate nel tempo, perpetrate da un giovane che si ritiene più forte o da un gruppo di giovani ai danni di un altro percepito come più debole. La vittima è spesso un coetaneo fragile anche nell’aspetto fisico, generalmente incapace di difendersi. L’intenzione dell’autore di cyberbullismo è in primo luogo quella di incutere timore − anche in coloro che restano spettatori della vicenda − perché agire con violenza e imporre la propria autorità lo fa sentire superiore agli altri, capace di avere tutto e tutti sotto controllo. L’anonimato che molte piattaforme consentono e l’effetto moltiplicatore delle azioni denigratorie e violente che possono essere guardate e riguardate in rete da chiunque, a qualsiasi ora e in qualsiasi parte del pianeta rendono il cyberbullo addirittura più pericoloso del bullo tradizionale. Come è noto, il nostro Codice Penale non contempla i reati di bullismo e cyberbullismo, ma i comportamenti che caratterizzano i due fenomeni presentano molte analogie con il reato di “Stalking o Atti persecutori”, introdotto dal Legislatore nel 2009 all’art. 612 bis c.p.: una fattispecie criminosa che si configura a fronte di condotte assillanti e ossessionanti.
Il termine Stalking è tratto dal lessico anglosassone e significa accerchiare la preda senza lasciarle via di scampo con vessazioni, offese, continue ricerche di contatto, appostamenti virtuali.
È quanto subisce la vittima di cyberbullismo accerchiata e perseguitata mediante dinamiche dolorose e subdole che troppo spesso prendono vita tra le mura scolastiche e “si nutrono” delle relazioni e dei silenzi di chi è più fragile con conseguenze che incidono prepotentemente sul suo equilibrio psicofisico. Quando i comportamenti del cyberbullo sono penalmente rilevanti è necessario informare senza ritardo le Forze di Polizia. Gli operatori della Questura, del Commissariato di P.S., del presidio dei Carabinieri più vicino, oppure direttamente gli specialisti della Polizia Postale a cui sono affidati il monitoraggio della rete e la prevenzione e il contrasto del crimine informatico, diventano quindi referenti privilegiati per ogni insegnante, per ogni genitore, per ogni educatore e operatore del sociale che deve fronteggiare il fenomeno. L’intervento tempestivo da parte del personale di uno degli Uffici di Polizia Giudiziaria preposti e presenti capillarmente su tutto il territorio nazionale favorirà infatti l’interruzione delle dinamiche gravemente pregiudizievoli, consentirà di tutelare rapidamente il minore vittima, di individuare i responsabili e di ripristinare l’uso corretto della Rete. Gli Ufficiali e gli Agenti di Polizia Giudiziaria chiamati ad operare in prima linea contro bullismo e cyberbullismo hanno oggi più che mai una formazione “dedicata” e sono pronti ad interagire con vittime e autori coniugando preparazione tecnica e capacità di empatia, comprensione e riconoscimento dei sentimenti e delle emozioni proprie e altrui. Strumento prezioso nelle azioni volte a prevenire e contrastare il fenomeno del cyberbullismo è senza dubbio l’Ammonimento del Questore introdotto all’art. 7 della Legge 71 del 2017: un provvedimento amministrativo con lo scopo di bloccare l’escalation delle condotte con cui uno o più minori ledono via web altri minori. È un atto attraverso il quale un giovane vittima di condotte bullistiche in Rete (ingiurie, diffamazioni, minacce, ricatti, furto d’identità…) in presenza di un genitore o esercente la potestà genitoriale può presentare all’Autorità di Pubblica Sicurezza la richiesta di ammonire il minore autore. L’Ufficiale di Pubblica Sicurezza convocherà quindi il cyberbullo (unitamente ad almeno un genitore o esercente la responsabilità genitoriale) al fine di ingenerare in lui la consapevolezza del disvalore delle condotte agite e intimare il cessare di ogni azione vessatoria. Il provvedimento ha una connotazione preventiva e mira a coinvolgere i genitori nel cammino di presa di coscienza del giovane ammonito.
Per prevenire efficacemente le dolorose dinamiche del bullismo e del cyberbullismo che feriscono così profondamente infanzia e adolescenza è comunque essenziale un dialogo costruttivo e continuo a più voci tra famiglia, scuola, servizi sociali, forze di polizia e autorità giudiziaria per individuare e programmare azioni sinergiche e multidisciplinari volte ad intercettare in tempi rapidi gli indicatori di un disagio, a riconoscere e arginare l’immaturità emotiva che muove tanta violenza e a colmare quei vuoti educativi che minano pensieri e cuore di molta gioventù. Un grido di allarme deve farci riflettere: “i social e la Rete sono pieni di giovani che fanno male e si fanno male per riempire le loro solitudini!”… è dunque nostro dovere non lasciarli soli, ma diventare per loro interlocutori preziosi, osservarli, ascoltarli e dialogare con loro in terreni non apertamente conflittuali, comprenderne i reali bisogni e costruire momenti di condivisione. Solo così potremo conoscere e indagare quelle “geografie tecnologiche” che animano molte loro solitudini: gli accessi on line, le frequentazioni, le mode, le sfide che temono… e guidarli verso un utilizzo adeguato, consapevole e virtuoso della Rete.