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Reinventare la città a misura di donna

Intervista a Bruna Floreani, Referente nazionale Progetto La città che vorrei

di Silvia Ruspa

Sarebbe riduttivo definire La Città che vorrei come nuovo progetto nazionale di Soroptimist International Italia. Trattasi, piuttosto, di una proposta di percorso pedagogico e olistico, di trasformazione del contesto abitativo (città, paese, quartiere), improntata su valori fondamentali, ineludibili: sostenibilità, inclusione, sicurezza, sostenibilità economica, resilienza, rispetto e valorizzazione dei generi e della bellezza.

Non si tratta solamente di rigenerazione urbana ma anche di promozione di una cittadinanza attiva, responsabile e partecipe (da cui l’innesto del progetto/bando Ri-generazione città futura).

Per saperne di più, abbiamo intervistato la referente e anima pulsante della Città che vorrei, Bruna Floreani, commercialista esperta in ambito societario ed internazionale del Club Soroptimist di Milano alla Scala.

Da dove prende origine l’idea della Città che vorrei?

In realtà, i primi studi risalgano ad una decina di anni or sono, durante la Giunta Pisapia con la Delegata alle Pari Opportunità di allora, Francesca Zajczyk, docente di Sociologia Urbana presso l’Università degli Studi Bicocca di Milano. All’epoca fu elaborata una ricerca dal titolo, “Analisi comparata delle Politiche di Genere in Europa”, in cui si misero a confronto alcune capitali europee, quali Berlino, Barcellona, Vienna e Milano.

La ricerca è stata presentata nell’ottobre 2015, a Palazzo Marino, sede del Municipio di Milano ed è stata l’origine di approfondimenti circa la costruzione di un nuovo modello di Città che tenesse conto dei vissuti e dei bisogni delle donne e che fosse in grado di elaborare future prospettive.

Soroptimist Club Milano alla Scala, in collaborazione con Comune di Milano, Fondazione Etica e l’Associazione MiWorld, sempre nello stesso periodo, ha promosso un incontro dal titolo, “Costruire il futuro con uno sguardo di genere”, predittivo degli attuali sviluppi.

Costruire una città a misura di donna non è solo una rivendicazione di genere bensì porre la comunità umana al centro del cambiamento?

Per parlare di futuro, occorre seminare cambiamento nel territorio in cui si vive e l’80% della popolazione vive, produce economia, trascorre il proprio tempo libero, in città.

Ma le città, da sempre, sono disegnate a misura di uomo, un uomo che, producendo, inquina, non si cura della valorizzazione estetica del territorio, di creare cultura e sicurezza. Del resto l’ottanta per cento dei pianificatori urbani sono, a tutt’oggi, maschi.

L’orizzonte è eminentemente culturale ed il cambiamento è, ormai, ineludibile.

L’Agenda 2030 dell’ONU, coi suoi 17 obiettivi, mette in campo un orizzonte di contenuti e valori che non può essere tralasciata dalle donne.

Occorre elaborare una sorta di secondo Rinascimento in cui le donne siano protagoniste attive nei tavoli decisionali. Soroptimist International Italia grazie alla sua estensione geografica in Club sparsi su tutto il territorio nazionale, può e deve essere fra i soggetti promotori di campagne di advocacy che partendo da interlocuzioni con le Amministrazioni Locali (facilitate dalla firma di un Protocollo di intesa con l’ANCI, siglato a giugno di quest’anno) possa trasformarsi in concrete azioni e buone prassi.

Altro fattore facilitante, le risorse del Pnrr, bene prezioso ed imprescindibile che deve essere utilizzato per lanciare nuovi scenari urbani.

Quali le tappe di costruzione della città che vorrei?

Si è pensato a tre momenti iniziali, di lancio di questo laboratorio per un nuovo umanesimo, ovvero l’elaborazione di un questionario, la creazione di un manifesto, la pubblicizzazione tramite un evento.

Il questionario, elaborato con la società Lexis Ricerche srl, è stato somministrato ad un ampio campione di donne fra le quali le circa 5000 socie dei Club di cui si compone Soroptimist International Italia. L’obiettivo è stato di far emergere le proposte delle donne sulle città di oggi e sulla città ideale di un futuro prossimo.

La prima parte del questionario ha sondato il livello di soddisfazione su dieci aspetti del vivere urbano, ovvero Quartieri e Comunità, Sicurezza, Lavoro, Salute e Benessere, Abitazione, Sostenibilità ed Ambiente, Servizi Pubblici, Strutture educative.

La seconda parte, la scelta di dieci obiettivi per la costruzione della città che vorrei.

Dal questionario discende l’elaborazione del manifesto, una sorta di linea guida degli obiettivi prescelti fra i quali la promozione di partecipazione consapevole ed attiva del mondo femminile alla costruzione della città futura; l’istituzionalizzazione della partecipazione delle donne nelle scelte e percorsi di elaborazione del cambiamento urbano; la stipula di un impegno delle Istituzioni a trasformare le promesse in azioni concrete ed a fare accountability ai cittadini, tutti.

Ultima fase della start up, l’evento denominato “La città che vorrei, reinventare la città a misura di donna”, programmato per il 14 ottobre 2022 presso l’Auditorium di Assolombarda a Milano, patrocinato, fra gli altri, da Assolombarda, ANCI, AmbienteItalia ed il Corriere della Sera come Media Partner.

L’evento di presentazione è l’occasione per presentare i risultati del questionario e divulgare il manifesto.

Evento e non convegno perché si intende lanciare una concreta revisione olistica nella progettazione urbana del futuro che veda al centro la Persona, una persona che pone al centro dei propri interessi buone pratiche e rinnovati stili di vita.

La città dei cittadini, la città attrattiva, la città verde, sana, resiliente ma anche inclusiva e sicura e che abbia sguardo e riguardo su tutte le generazioni e su tutti i generi.

Si può parlare della Città che vorrei come di un percorso educativo?

Certamente e proprio perché è necessario attuare una netta trasformazione degli stili di vita e di produzione e progettazione, occorre favorirne e facilitarne l’avvio. Il processo è culturale, il cambiamento deve coinvolgere le giovani generazioni e deve essere proposto e stimolato sin dai primi anni di vita e durante tutto il periodo di formazione scolastica.

Proprio per questo si è immaginato e progettato un Bando “Ri-generazione città giovane rivolto a tutte le scuole di istruzione secondaria inferiore e superiore.

I giovani studenti, coordinati da un insegnante referente, avranno la possibilità di elaborare la riprogettazione di spazi urbani adeguandoli ai propri bisogni ed aspettative.

Una proposta concreta di coinvolgimento dei giovani per la costruzione di un futuro più inclusivo e sostenibile. Un ascolto delle voci della cittadinanza più giovane che creerà, di per sé, un’ulteriore sensibilizzazione anche verso le tematiche di educazione alla cittadinanza.

Rigenerazione-citta

Ri-Generazione. Quale futuro?

Studenti delle medie e superiori invitati a ri-pensare la loro città

Intervista a Paola d’Ascanio, Referente nazionale progetto Ri-Generazione, città giovane

di Francesca Pompa

Il Soroptimist International d’Italia, nello spirito del motto “Acceleriamo il Cambiamento” lanciato dalla Presidente Giovanna Guercio, ha messo in opera tutta la forza dei tanti Club di donne  presenti sul territorio nazionale per una serie di progetti rivolti in  particolare all’obiettivo 11 dell’Agenda 2023 dell’ONU: “città e comunità sostenibili”.

Nell’ambizioso disegno il Soroptimist dà un ruolo rilevante proprio ai giovani chiamandoli a dare voce al loro contributo con idee da proporre alle Amministrazioni locali per rendere le proprie città più “sostenibili”.

È stato indetto un bando “Ri-Generazione città giovane” le cui domande di partecipazione al concorso da parte delle scuole dovranno pervenire al Soroptimist nazionale entro venerdì 14 febbraio 2023.  Gli studenti potranno concorrere presentando le loro idee attraverso elaborati grafici, testi, illustrazioni, slides, video.

Paola D’Ascanio, coordinatrice nazionale del progetto stesso nonché nome storico e di grande prestigio del Club dell’Aquila, ci fornisce  dettagli che fanno immaginare un futuro che può essere già oggi.

“Il Soroptimist ha siglato un protocollo d’intesa con il  Ministero dell’Istruzione il 16 giugno scorso e questo ci ha permesso di invitare le Scuole, pubbliche e private, secondarie di primo e secondo grado e gli ITS a coinvolgere gli alunni su come vorrebbero ri-generare la propria città”. Un invito vero e proprio a ripensare il territorio a misura delle nuove generazioni”.

È un atto molto importante che accredita il Soroptimist e apre alla possibilità di poter essere un interlocutore privilegiato nel mondo della scuola, come sta avvenendo appunto con l’inserimento nella programmazione scolastica dell’educazione alla città attiva. Entriamo nel pratico, come vi interfacciate con le scuole e con quale assetto?

“Certo l’obiettivo è ambizioso e richiede un impegno non da poco. Va detto che insieme a me c’è un team di lavoro che garantisce i contatti e la corretta esecuzione. Gianna Colagrande, soroptimista del mio stesso Club già dirigente scolastico e Linda Schipani, ingegnere ambientale, presidente del Club di Messina, sono le colonne portanti sotto la supervisione della nostra presidente Guercio.

È stata costituita anche una commissione esaminatrice degli elaborati che perverranno.

Svolgiamo un lavoro sinergico con gli stessi docenti, calibrato ai tempi della scuola. È già tutto calendarizzato”.

C’è grande mobilitazione nei Club per questo progetto?

“L’interesse è altissimo, ad oggi hanno aderito oltre venti Club e il numero è destinato a crescere di giorno in giorno. La presenza diffusa su tutto il nostro Paese amplifica enormemente la portata dell’operazione che, al di là di tutto, contribuisce a creare nei giovani una coscienza partecipativa circa le questioni che riguardano il loro presente e il loro futuro”. La restituzione dei risultati avverrà con un evento di proclamazione dei vincitori del concorso nonché con la diffusione  del report finale presso i possibili stakeholder e i decisori politici e amministrativi.

Call for Students

C’è tempo fino al 14 febbraio per presentare gli elaborati, in formato esclusivamente digitale secondo le modalità previste dal Bando e previa compilazione dei relativi allegati disponibili online sul sito del Soroptimist International della propria città.

Il Soroptimist International ha deciso di promuovere il bando Ri-Generazione Città Giovane presso le scuole del territorio, dando la propria disponibilità a supportare l’introduzione del progetto presso gli Istituti che intenderanno aderire, premiare i progetti migliori e favorire la comunicazione dei risultati ottenuti a Istituzioni e cittadinanza. Invita le Scuole, pubbliche e private, secondarie di primo e secondo grado e gli ITS del Territorio a coinvolgere gli alunni ad esprimersi su come i giovani vorrebbero ri-generare la propria città.

Un progetto che vuole portare i ragazzi a riflettere, conoscere meglio, analizzare la propria città per proporre interventi per una città più a misura delle nuove Generazioni.

La call for Student Ri-Generazione Città Giovane pone particolare l’attenzione sull’obiettivo 11 dell’agenda 2030 dell’ONU: “Città e Comunità sostenibili” e lo fa invitando gli studenti a conoscere meglio la propria città per disegnare un cambiamento, proporre un’idea, descrivere un progetto che risponda alle loro reali esigenze o semplicemente ai loro sogni.

C’è tempo fino al 14 febbraio per presentare gli elaborati, in formato esclusivamente digitale secondo le modalità previste dal Bando e previa compilazione dei relativi allegati disponibili online sul sito del Soroptimist International della propria città.

I progetti ritenuti più di valore saranno esposti alle Istituzioni territoriali e parteciperanno alla selezione nazionale finalizzata ad una pubblicazione, curata dal Soroptimist International d’Italia, da presentarsi nell’ambito dell’evento nazionale conclusivo del progetto a giugno 2023.

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Soroptimist e-club

Conosciamole da vicino

Alice Paola Pomé,

Milano Net Lead

Alice Paola Pomè
Ingegnera – dottoranda presso Politecnico di Milano
D ABC – Real Estate Center

Chiara Talignani Landi,

Empowernet Milano

Chiara Talignani Landi
Ingegnera

Sono sempre stata una persona curiosa. Credo sia questa volontà di non smettere mai di scoprire che mi ha portata a continuare a studiare. Da quando sono entrata in prima elementare ho avuto il sogno di inventare qualcosa per l’umanità. È stata la mia sfida personale, che non si è ancora conclusa ai miei suonatissimi 28 anni.

Credetemi, però, se vi dico che non sono stata una bambina studiosa. Preferivo trascorrere i pomeriggi in giro per le strade tortuose del lago Maggiore piuttosto che leggere pagine e pagine di sussidiario. Se doveste, infatti, parlare con mia mamma, vi confesserebbe la preoccupazione che l’ha investita per tutti i miei primi anni di istruzione e ricorderebbe con una leggera emozione quella bambina con gli occhiali, il vestitino rosa e due codini terribilmente storti a cui raccontava le vicende delle Repubbliche Marinare per l’interrogazione del giorno dopo.

Sono Alice e come avrete intuito sto frequentando il programma di dottorato. Sono iscritta al Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura, ingegneria delle Costruzioni e dell’Ambiente Costruito e collaboro nel laboratorio Real Estate Center.

Il lavoro di dottoranda è dinamico, complesso, faticoso, ma molto stimolante e gratificante. Alcuni giorni sono una studentessa che segue corsi di hard e soft skills; altri sono docente di corsi universitari; altri speaker a conferenze; e altri ancora consulente per grandi aziende. Certo, sono anche una ricercatrice che si occupa di integrare i principi di sostenibilità nella gestione degli edifici. Sto sviluppando un modello, basato sull’indicatore di sostenibilità Ecological Footprint, che ha l’obiettivo di guidare i gestori degli edifici nella minimizzazione degli impatti ambientali. Il modello considera e combina le risorse consumate (acqua, energia e alimenti), i rifiuti emessi e gli effetti che gli utenti hanno nella creazione degli impatti.

Trascorro così molto tempo a leggere e confrontare sistemi precedentemente sviluppati che mi servono come guida all’implementazione del mio progetto.

Questa la mia scoperta, questo il mio impegno per la società e questo il motore che mi spinge tutte le mattine verso nuove invenzioni, rendendo felice la bambina determinata che c’è ancora dentro di me.

Inserendo la parola “Robotica” su Google, i primi risultati ci riportano robot dalle sembianze umane, dipinti come super intelligenti e capaci di pensare in modo autonomo, che si avvicinano più ai ricordi del film “L’uomo bicentenario” che alle reali applicazioni robotiche esistenti oggigiorno. E mi accorgo che la stessa immagine appare nella mente delle persone quando parlo del mio dottorato in robotica o del mio lavoro. Nella realtà, robotica significa tanto altro. Nel caso del mio dottorato, ad esempio, la robotica ha assunto la declinazione di robotica “collaborativa”, che riguarda l’integrazione dei robot nelle aziende produttive, al fine di lavorare a stretto contatto con gli operatori e alleviarli da task ripetitive, pericolose o fisicamente pesanti. Il dottorato mi ha dato modo di vedere al di fuori dei confini nazionali, in particolare durante l’esperienza di sei mesi all’Università di Berkeley (San Francisco), che mi ha inoltre permesso di trovare un lavoro in Silicon Valley e passare un anno in un centro di ricerca avanzato di una multinazionale di robotica. Ora sono rientrata in Italia e lavoro in una multinazionale che si occupa di automazione industriale e robotica. In particolare, oltre agli aspetti tecnici, seguo la parte di Academy a livello nazionale, organizzando e tenendo corsi per i nostri clienti e per le università, e coordinando un gruppo di trainers, distribuiti nelle altre filiali. Ciò che apprezzo di più del mio lavoro è la dualità tra l’aspetto tecnico e umano, che mi porta ad approfondire tematiche tecnologiche avanzate e, al tempo stesso, mi porta ad essere a stretto contatto con i clienti e gli studenti, collaborando con gli altri dipartimenti della mia azienda come il marketing e i commerciali. Il Soroptimist mi sta dando la possibilità di condividere le mie esperienze con altre ragazze STEM e raccogliere tanti preziosi consigli, per crescere e migliorare nelle “soft skills”, fondamentali in un lavoro poliedrico come il mio.

Donna-Natura

Donna Natura

Mostra itinerante delle Artiste Soroptimiste

È partito il 1° luglio di quest’anno per concludersi a Roma il 28 di ottobre il magnifico tour delle artiste appartenenti ai vari Club italiani che ha fatto tappa a Predazzo (TN), a Cividale del Friuli (UD), per poi fermarsi a Bologna, Siracusa, Cagliari, L’Aquila ed infine Roma.

L’articolato progetto “DONNA NATURA” è stato concepito come mostra itinerante a sostegno del progetto nazionale “Rinasce la foresta che suona” per volontà delle artiste che hanno voluto manifestare con la loro arte la bellezza come anche la fragilità del nostro patrimonio ambientale, richiamando all’esigenza di allerta per i tanti pericoli che vi incombono e di tutela per le  generazioni future.

L’arte, con il suo valore simbolico, crea connessioni significative che generano sentimenti di  consapevolezza, sensibilità e senso di responsabilità.

Il tema dell’ecologia ambientale e del rispetto della natura è stato l’elemento ispiratore che ha portato le artiste ad esprimersi, attraverso le proprie opere,  per la salvaguardia del nostro pianeta.

Le artiste del Soroptimist

Mela Andena

Valeria Arpino

Raffaella Bordini

Caterina Borghi

Luisa Brandi

Lidia Caselli

Mirta Carroli

Lea Contestabile

Gabriella Corso

Renata Emmolo

Luisa Mazza

Gaia Moltedo/Viola Villa

Marisa Montesissa

Patrizia Nalesso

Lucia Nardelli

Maria Luisa Passeri

Veronique Perrard Monzini

Antonella Pizzolongo

Dolores Previtali

Oretta Rangoni Machiavelli

Leonilde Russo

Carla Sanjust

Mabi Sanna

Elisabetta Silvestri

Amanda Tavagnacco

Mariko Masuda (musicista)

Laura Pisano (musicista)

VENEZIA1

A Venezia le donne protagoniste dell’Arte

di Wilma Malucelli

Alla 59esima Biennale il percorso si snoda fra le artiste di tutti i continenti, un viaggio nell’Arte vista attraverso gli occhi, le mani, il cuore, la visione del mondo della Donna, interprete sensibile del nostro tempo.

A cominciare dal titolo “The milk of dreams”, l’edizione di quest’anno pare alludere alla sfera femminile, prendendo a prestito il titolo del libro per bambini di Leonora Carrington, l’artista surrealista che ama il sogno come metafora di un mondo magico e fantastico. Nelle sue opere, infatti, scrittura e disegno rimandano a un mondo fiabesco, onirico, svincolato da precise coordinate spazio-temporali, dove l’immaginazione prende il sopravvento e trasforma la materia. La Carrington, insofferente e ribelle nei confronti di una società ancora patriarcale, nei primi anni settanta, si schiera apertamente a favore dei movimenti per i diritti della donna e nel 1968 non esita ad abbandonare il Messico, dove viveva dal 1942, come atto di protesta contro la violenta repressione del movimento studentesco.

La dimensione del sogno ci accompagna e prende forma grazie alla regista franco-algerina Zineb Sedira, una video artista femminista, quarta donna a rappresentare la Francia nella storia della Biennale: “I sogni non hanno titolo” è una installazione cinematografica che, fra storia e finzione, allude alle speranze di cambiamento dopo le lotte di liberazione dal colonialismo. Il padiglione si trasforma dunque in un vero e proprio set cinematografico che trascina lo spettatore/visitatore a danzare al ritmo delle sequenze filmiche, a danzare per resistere, per rinascere, per sognare…

Così come sogna di librarsi in aria col suo aquilone il ragazzino afghano che in quel gioco pare interagire col cielo e confrontarsi con forze sconosciute. Il padiglione del Belgio ci riporta all’infanzia attraverso i poetici e suggestivi video di Francis Alys che esplora “The Nature of the Game” ed elabora il progetto Children’s Games, attraverso tutti i continenti. Ma i sogni dei bambini e i loro giochi paiono infrangersi nello scontro col violento mondo degli adulti, sembra dire l’artista, attraverso l’occhio della sua telecamera. La sua coraggiosa denuncia fa luce su un mondo stravolto dalla sopraffazione e dal degrado ambientale, in cui i bambini riescono tuttavia a trovare una via di scampo grazie alla “Natura del gioco”, un gioco che solo loro riescono a inventare. Ed ecco alcuni bambini della Repubblica Democratica del Congo, esili corpi che si stagliano sulla distesa oscura delle scorie di una miniera di cobalto, mentre spingono faticosamente sulla cima di quella montagna nera dei grossi pneumatici. E poi l’adrenalina pura di infilarsi all’interno del copertone e rotolare vorticosamente giù dal pendio!

L’Africa ritorna e domina nel padiglione degli USA attraverso l’arte potente di una donna, Simone Leigh, nata negli Stati Uniti da genitori giamaicani. “Femminismo nero” è stato definito il suo messaggio artistico che volge lo sguardo alle donne di colore e alla cultura africana con i suoi simboli, un imprinting “latente” ma fortemente radicato in lei. Il suo messaggio “Sovereignity” fa riflettere sul destino di tanti popoli, sulle aspirazioni all’autodeterminazione, all’affrancamento da nuove schiavitù e coglie il grido di coloro, specie le donne, che vogliono essere autori e attori della propria storia.

Cecilia Alemani, curatrice della biennale, immagina un viaggio trans-storico che procede per rapporti di solidarietà e sorellanze attraverso artiste che hanno “ripensato le categorie dell’umano e del sé”. Ed ecco nella prima sala dell’Arsenale l’arte potente ed espressiva di Belkis Ayòn, afrocubana, adepta di una confraternita segreta e misterica, tutta maschile, che tramanda il mito della principessa Sikàn, condannata a morte per aver infranto un segreto ed essere venuta meno a un giuramento. Personaggio centrale dell’arte della Ayòn, l’infelice Sikàn è al centro della sala, in una enigmatica scultura dai lineamenti misteriosi, priva degli occhi, il volto incorniciato da lunghe trecce. L’arte di Belkis/Sikàn è anche una denuncia contro una cultura sessista e patriarcale, cui si ribella mettendo in luce la presenza femminile nel mito e nella religione ancestrale. Un omaggio doveroso a questa grande artista, che, poverissima, riuscì a diplomarsi all’Istituto superiore d’Arte a La Havana e a ottenere riconoscimenti internazionali, pur nella sua breve vita: morì infatti nella capitale cubana nel 1999 a soli 32 anni.

Una Biennale delle donne dunque, una coraggiosa inversione di tendenza, per una storia dell’arte riletta al femminile: di 213 partecipanti da 58 nazioni oltre l’80% sono artiste, brave, coraggiose. con la loro ansia di libertà, il loro immaginario, con i loro sogni…

“The Milk of Dreams” racconta la condizione umana fatta di dominio, sottomissione, ribellione, potere e speranze, un “latte” che alimenta tutti coloro che credono nella bellezza dei propri sogni!

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Orange the world

in 16 days 2022

Non accettare nessuna forma di violenza CHIAMA IL 1522, in tandem con la Campagna SIE READ THE SIGNS

Il Soroptimist International d’Italia, anche quest’anno, sosterrà la campagna internazionale Orange the World promossa dall’Onu, da UNWomen e dalla nostra Federazione Europea; dal 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza, al 10 dicembre, giornata internazionale per i diritti umani che coincide con il nostro Soroptimist Day, partiranno i 16 giorni di attivismo che ci vedranno unite per realizzare iniziative ed azioni di sensibilizzazione utilizzando in tutta la comunicazione il colore arancione, simbolo di un futuro senza violenza di genere e il motto dell’Unione: NON ACCETTARE NESSUNA FORMA DI VIOLENZA – CHIAMA IL 1522. La novità di quest’anno è che proporremo e sosterremo insieme anche l‘innovativa Campagna di Comunicazione della Federazione Europea “Read The Signs”, che unifica tutti i Club del SIE e chiede a tutte le soroptimiste una forte mobilitazione per prevenire la violenza domestica. Siamo chiamate ad un’azione corale che renderà ancor più efficace il nostro messaggio e la nostra azione di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Il 1522 è il numero telefonico di servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità. Il numero, gratuito è attivo 24 h su 24, per tutti i giorni dell’anno ed èaccessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con operatrici specializzate che accolgono le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking, garantendo il completo anonimato per favorire l’emersione del fenomeno della violenza intra ed extra familiare a danno delle donne. Le operatrici telefoniche dedicate al servizio forniscono una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza, offrendo informazioni utili e un orientamento verso il centro antiviolenza più vicino o i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale.

Le Iniziative Orange 2022 dell’Unione Italiana

In una continuità d’azione, anche nel 2022 l’Unione Italiana propone le due iniziative caratterizzanti che vanno ad “accendere” l’attenzione direttamente sulla rete volta all’assistenza delle vittime e sui luoghi deputati a proteggerle: una simbolica illuminazione in arancione delle Caserme dei Carabinieri e delle Questure che ospitano le nostre “Stanze tutte per sé” e l’acquisto delle clementine antiviolenza di Confagricoltura Donna il cui ricavato andrà ai Centri antiviolenza territoriali.

Tra le iniziative dei club, vi segnaliamo il Progetto Sacchetti “antiviolenza” da distribuire alle farmacie con lo slogan “NON ACCETTARE NESSUNA FORMA DI VIOLENZA- CHIAMA IL 1522, realizzato per la Campagna Orange 2021 dal Club di Como; il Progetto ha ricevuto anche una menzione ai BPA 2022 del SIE e lo scorso
anno è stato adottato da tanti club da nord a sud anche grazie alla rete delle socie farmaciste. Per chi fosse interessato, Il Club di Como si propone come capofila e come supporto e potete contattarlo scrivendo una mail.

Iginio-Rossi

Nuovi scenari urbanistici

Intervista a Iginio Rossi, Architetto Istituto Nazionale di Urbanistica

di Cinzia Grenci

Iginio Rossi è Architetto, si occupa del funzionamento urbano con particolare attenzione all’accessibilità a 360° delle città intesa come diritto fondamentale di tutte le persone e alla rivitalizzazione degli organismi urbani territoriali economici anche a livello territoriale in riferimento alla rigenerazione urbana, alla mobilità attiva, ai centri storici e al funzionamento delle attività miste diffuse.

Fondatore e coordinatore di “Città accessibili a tutti” e responsabile dell’omonima Community INU, Istituto Nazionale di Urbanistica.

Componente del CdA di Urbanistica Italiana srl, Urbanpromo. Coordinatore del blog “Territori Ciclici” all’interno del sito “urbanisticainformazioni.it”.

Come sono cambiate nel tempo le nostre città? Come sono cambiati i concetti di centro e periferia?

È un processo pluri millenario che in alcuni casi ha prodotto effetti positivi sugli insediamenti urbani ma in altri si è tradotto nella scomparsa della città, quella bella, attraente, incline al “bene-essere”. Anche oggi è così, a dettare percorsi e direzioni delle trasformazioni sono le persone: se le guidano visioni illuminate i luoghi migliorano crescendo se invece le ottiche sono “avare” i luoghi peggiorano, degradano e perdono caratteri, identità.

Per ciò che riguarda il rapporto centro/periferia, i fatti di cronaca nera degli ultimi mesi, confermano la presenza, per la verità non nuova, del conflitto socio-culturale-economico invece che spaziale. In alcune situazioni il centro è diventato marginale mentre la periferia ha assunto centralità, dinamismo, attrazione. Mi riferisco, per esempio, alle azioni condotte dal Politecnico di Milano nel quartiere San Siro all’interno del progetto “Off Campus” in cui si genera ricerca su contesti marginali, l’abitare, la povertà educativa e le segregazioni in contesti multiculturali.

Contemporaneamente hanno un ruolo di primo piano educazione e cultura con laboratori formativi, eventi culturali e confronti-scambi.

Le città sono microcosmi nei quali si riproducono fenomeni complessi: relazioni tra esseri umani, tra esseri umani e cose, tra esseri umani e spazi; rapporti di lavoro, incontri e scontri generazionali, convivenza tra diversi. Come si cerca di governarli attraverso l’urbanistica?

Il quadro di riferimento per sviluppare i governi urbani e territoriali oltre a essere complesso, articolato, è caratterizzato da dimensioni fortemente frammentarie. Mi limito a ricordare che la frammentazione riguarda non solo l’organizzazione politica, istituzionale e operativa delle amministrazioni ma concerne anche la democrazia, i diritti, le garanzie, le tutele, i servizi, cioè aspetti che incidono direttamente sulla qualità della vita delle persone contribuendo ulteriormente a incrementare fragilità, esclusione, povertà, disuguaglianze. Consapevole dell’importanza di risolvere questo nodo cruciale, l’INU ha dedicato il XXX Congresso nel 2019 proprio a cercare modalità in grado di governare la frammentazione. La soluzione è stata indicata nella costruzione di un patto per l’urbanistica che può consentire di rendere l’urbanistica socialmente utile. Subito dopo quel Congresso la community “Città accessibili” ha iniziato a lavorare al programma “Un patto per l’urbanistica città accessibili a tutti”. Dalla primavera 2021 abbiamo avviato una sperimentazione con 8 città (Ancona, Catania, Genova, Livorno, Mantova, Reggio Emilia, Spello e Udine) all’interno dei temi dell’accessibilità, inclusione, sostenibilità e bene-essere. In occasione di Urbanpromo città (11-14 ottobre 2022) presenteremo la sintesi di questa sperimentazione giunta alla conclusione della prima fase inerente lo sviluppo locale dalla quale prenderà avvio un successivo percorso per individuare entro il 2023 le soluzioni replicabili nella dimensione più ampia corrispondente alla visione Paese.

Un lavoro che deve necessariamente rimanere “aperto” considerata la velocità dei cambiamenti sociali e culturali nei nostri territori …Bisogna immaginare una città facilmente adattabile alle novità?

Nel 2016 all’interno dell’iniziativa “Il Paese che vorrei” collaterale al XXIX Congresso INU dedicato al “Progetto per il Paese” è stata presentata la costituzione di uno spazio collaborativo per il confronto su indirizzi, esperienze e prospettive di miglioramento del funzionamento urbano. La proposta sottoscritta da Fabrizio Vescovo, padre della normativa italiana inerente l’accessibilità integrata da Giorgio Raffaelli (Festival per le città accessibili di Foligno,) da Luigi Bandini Buti (Design for All Italia) e dal sottoscritto, ha dato avvio a “Città accessibili a tutti” un progetto a rete, indirizzato al confronto tra le professioni, gli studiosi, le associazioni e le istituzioni. Forte delle numerose adesioni, nel 2019 è stato pubblicato http://atlantecittaccessibili.inu.it/. Nella piattaforma sono raccolte le Linee guida per politiche integrate, un’articolazione di indirizzi e orientamenti rigardanti: progetti, strumenti, processi e formazione, costruita da un gruppo di lavoro esteso ed eterogeneo. Non un quadro statico bensì un riferimento metodologico; proprio in considerazione del continuo processo di cambiamento cui è sottoposto lo spazio urbano, anche l’accessibilità è un valore dinamico, legato alle condizioni storico-ambientale-culturali del momento. Per ciò dedichiamo da alcuni anni attenzione alle innovazioni provenienti dal “mondo” delle università e ricerche-studi. Dal 2019 abbiamo lanciato il Premio per tesi di laurea magistrali e ricerche-studi con il supporto della Camera di Commercio di Genova e la collaborazione del Ministero della Cultura, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Cerpa Italia Onlus. Il bando di questo anno è pubblicato in https://urbanpromo.it/info/call-for-paper-2022/ la scadenza è il 3 ottobre 2022.

Il Soroptimist Italia ha promosso il progetto “La città che vorrei” per raccogliere idee, bisogni, proposte che configurino una realtà urbana a misura di donna. Secondo lei, una città che risponda ai desideri e alle istanze femminili è un ambiente in generale più vivibile per tutti?

Senza dubbio l’attenzione alle specificità di genere e la rispondenza alle richieste provenienti dalla presenza femminile consente alla città un funzionamento in grado di offrirle maggiore dignità, eguaglianza e libertà. Nell’Atlante, oltre i 200 casi, è documentata l’esperienza “Stare di casa nella città. Donne con disabilità” realizzata dalla “Casa delle donne Ravenna”, gestita dall’Associazione APS Liberedonne. Il percorso aveva evidenziato una totale assenza di partecipazione di donne con disabilità e una riflessione, molto parziale e solo accennata, del rapporto tra donne e città. Stare di casa nella città ha quindi cercato il coinvolgimento diretto di donne con disabilità e madri con figli/e con disabilità in modo da raccogliere quanti più punti di vista possibile rispetto ai temi della mobilità e della sicurezza urbana nel vivere quotidianamente la città. Il tema delle diseguaglianze – discriminazioni legate al genere è molto considerato al nostro interno. Nel gruppo di lavoro “Città accessibili a tutti” dall’inizio vantiamo la presenza di Piera Nobili, presidente del Cerpa Italia Onlus, da lungo tempo tra le persone studiose nonché militante più attente e impegnate per un cambio di paradigma sociale ma anche strutturale delle città in grado di migliorarne la fruizione di genere.

Il Pnrr offre strumenti progettuali ed economici per migliorare le nostre città, modernizzarle, adeguarle ai nuovi bisogni senza necessariamente perdere la loro “anima”, la loro storia, le loro peculiarità?

È decisamente difficile fornire una risposta seria in questa fase ancora tutta solo scritta nei progetti, molti dei quali usciti dal letargo dei cassetti, oppure abbozzata in ipotesi da definire. La dimensione complessiva è un po’ smisurata. Al Pnrr si affiancano gli altri numerosi programmi di finanziamento provenienti ancora dallo Stato e dall’Unione europea. Dal nostro punto di osservazione mi sembra utile sottolineare: la disarticolazione tra le istituzioni; le disposizioni farraginose nei differenti livelli di attuazione; la mancanza della continuità amministrativa; l’inesistenza di una visione comune per politiche di competenza regionale che possono arrivare a fare vivere alle persone (per assurdo) 20 modalità diverse e magari contrastanti nella relazione urbana. Ci sono però segnali positivi: è stata costituita una cabina di regia nell’ambito della Presidenza del Consiglio all’interno dell’Osservatorio sulle condizioni delle persone con disabilità che deve fornire una valutazione congrua per tutti i finanziamenti del Pnrr in termini di accessibilità e inclusione: se manca, il finanziamento non può essere emesso; il cronoprogramma continua a essere rispettato nonostante vastità e complessità che prima cui ho accennato; le amministrazioni pubbliche sebbene con organici sofferenti stanno ottemperando all’iter progettuale-attuativo.

Grillo-Luciana

Con mani di Donna

La rubrica di Luciana Grillo

Autunno, tempo di ripresa

Ad agosto, con aziende e fabbriche chiuse, sembra che tutto il mondo sia in vacanza, poi ricomincia il lavoro, fioccano gli impegni, ci si prepara ad una stagione lunga fatta di consuetudini e talvolta di novità.

Per gli studenti, con l’apertura dell’anno scolastico, riprende l’impegno, anche se, passando da ciclo a ciclo scolastico, cambiano tante cose, dall’edificio agli insegnanti, dalla distribuzione delle ore di studio ai compagni. Quest’autunno 2022 è però diverso dagli altri: dopo tre anni tormentati dalla pandemia, gli studenti aspettano il momento di andare a scuola “veramente”, senza DAD, con libri nello zaino, compagni da incontrare, nuovi impegni da affrontare.

Da ex insegnante, mi sono calata sia nel mondo dei ragazzi che forse, come mai prima, desiderano alzarsi presto, prendere la corriera e varcare il portone della scuola, eccetera eccetera, sia in quello delle insegnanti che hanno dovuto forzatamente abbandonare registri, interrogazioni e lezioni frontali per svolgere un lavoro da casa, più comodo per certi versi, ma sicuramente più complicato per altri, come ad esempio mantenere sempre vigile l’attenzione degli studenti che, davanti al computer, possono pensare ad altro o anche guardare un torneo di tennis dal televisore posto dietro il computer…

Per chiarirmi le idee, ho chiesto a cinque insegnanti di parlarmi di ciò che si aspettano da questo anno scolastico: Barbara ha raccontato la scuola degli ultimi anni “chiusa, meccanica e ripetitiva…banditi viaggi d’istruzione, vivaci assemblee di Istituto, uscite sul territorio”; ha pensato a studenti che hanno perduto persone care per il covid, e non hanno potuto neanche salutarle…dunque non si chiede quale scuola voglia, ma piuttosto quale scuola non voglia.

Anche Vincenza, dopo isolamento e costrizione, vuole tornare a “una scuola il più possibile partecipata e partecipativa, improntata sulla relazione tra persone e tra discipline”, mentre Ricciarda ricorda una casa improvvisamente rivoluzionata per far posto agli strumenti della DAD e confessa di aver considerato questa didattica “come un ponte verso gli studenti” abituati a una scuola fatta di lavoro fianco a fianco. “La didattica a distanza in molti casi ha fatto apprezzare la scuola come non accadeva da tempo… è stata un’occasione per ripensare alla scuola di domani…per abbandonare una volta per tutte l’impolverata concezione di “programma scolastico”.

Ginevra vorrebbe ritornare alla scuola tradizionale…lezioni frontali…senza troppe carte da compilare, e anche Fabiana dice che “la scuola che vorremmo in futuro deve necessariamente recuperare una parte del passato per essere al passo coi tempi, curare la formazione dell’alunno basata sugli stimoli alla lettura e alla formazione del pensiero critico”. E conclude ricordando che “il linguaggio degli alunni si è talmente impoverito da limitare l’espressività verbale e le capacità analitiche…Il recupero dello studio delle discipline umanistiche va assolutamente potenziato come percorso di sviluppo del pensiero critico.

Potrei non essere d’accordo?

FERRARA1

Bruxelles, città sostenibile

Intervista a Laura Ferrara, Europarlamentare

di Luigina Pileggi

Una città a misura di famiglia. Ma soprattutto a misura di donna. Dove servizi per l’infanzia, trasporti e sostegni sono alla portata di tutti e soprattutto di tutte. A raccontare come si vive a Bruxelles è Laura Ferrara, eurodeputata italiana (M5s), che da Cosenza (Calabria) ha deciso di trasferire tutta la sua famiglia nel cuore pulsante dell’Europa.

Da giovane donna e mamma, infatti, dopo un primo periodo da “pendolare”, ha deciso di portare con sé marito e i suoi due figli, che nel frattempo sono diventati tre. “Quando sono stata eletta nel 2014 mi spostavo solo io e cercavo di capire come organizzare la mia famiglia, avendo due bambini molto piccoli, uno di un anno e una di tre anni e mezzo. Viaggiavo continuamente e i miei figli li lasciavo sempre in Italia. Ogni volta però era una sofferenza. Per questo li ho iscritti a due asili privati: 15 giorni frequentavano quello di Bruxelles e altri 15 giorni quello di Cosenza. Una situazione che però non era affatto ideale, creando instabilità nei bambini che, appena stringevano un’amicizia venivano catapultati in un’altra realtà, dove bisognava ricominciare tutto daccapo”.

Poi un episodio ha fatto scattare nella giovane mamma la decisione di cambiare vita. “I bambini stavano spesso con i nonni – spiega Laura Ferrara – un giorno mia mamma mi disse al telefono che quando sarei tornata da Bruxelles avrei visto camminare il mio secondo figlio. Lì ho capito che stavo perdendo momenti importanti della vita dei miei figli. Di certo avrei potuto lasciare tutto com’era, e da grandi avrei potuto raccontare loro quello che ho fatto come europarlamentare. Ma non sarebbe stata una consolazione. Così con mio marito decidemmo di trasferirci tutti a Bruxelles e iscriverli alle scuole Statali”.

E se per i primi anni è stata una staffetta continua, perché poi il venerdì si ritornava in Calabria, tutto è cambiato con l’arrivo del Covid, in quanto a Bruxelles la scuola è sempre rimasta aperta.

Da qui la decisione di rimanere a vivere di più nel cuore dell’Europa.

“Bruxelles è una città bellissima con un unicum – evidenzia la giovane mamma – è una città multietnica, dove si ha la possibilità di conoscere persone da tutte le parti del mondo. Quando iscrissi mia figlia a scuola, chiesi alla maestra di avere un occhio di riguardo per mia figlia perché non parlava bene il francese, in quel momento scoprii che il 90 per cento dei bambini era nella stessa situazione di mia figlia: c’erano bambini di nazionalità indiana, cinese, brasiliana, turca. Tutti con genitori che si trovano a Bruxelles per motivi di lavoro. E questo è un valore aggiunto, peculiare e meraviglioso, perché apre la mente e dà la possibilità di conoscere senza alcun tipo di pregiudizio lingue e culture diverse”.

Ma oltre all’aspetto culturale e sociale, Bruxelles è anche una città che va incontro alle famiglie e soprattutto alle giovani coppie. Sono previsti infatti assegni, sussidi e diversi aiuti per fronteggiare le spese relative alla crescita dei figli. E questo favorisce la creazione di giovani famiglie e soprattutto le nascite: avere tre o quattro figli, a queste latitudini, è infatti normalissimo. Ben diversa invece la situazione in Italia, dove i sussidi sono quasi inesistenti. “Per una donna – prosegue Ferrara – conciliare la vita lavorativa con quella di mamma in Italia è molto difficile, soprattutto quando i figli sono piccoli. Gli asili nidi sono pochissimi e se non si ha la fortuna di avere nonni in forza fisica di stare dietro ai bambini diventa difficile poter conciliare l’attività professionale e lavorativa. Per le difficoltà organizzative ed economiche molti giovani rinunciano o ritardano il desiderio di avere una famiglia”.

E poi ci sono i servizi. “La città è piena di spazi verdi attrezzati per i più piccoli – spiega Laura Ferrara – con spazi dedicati a loro, giochi e percorsi ben tenuti e funzionali, cosa non proprio scontata dalle nostre parti. Nonostante il clima non proprio favorevole, si vive spesso all’aperto, anche quando c’è la pioggia”. Tantissime sono poi le attività parascolastiche organizzate quotidianamente, con un’offerta molto ampia che spazia dalle attività sportive a quelle musicali a corsi di manualità, falegnameria e creatività. Tutto promosso dai Comuni, scuole, associazioni e strutture sportive. E poi ci sono le domeniche di lettura al parco per i più piccoli.

Anche per quanto riguarda i trasporti, Bruxelles è a misura di famiglia. Metro e autobus collegano in modo capillare tutti i quartieri e questo permette di non perdere tempo per raggiungere il posto di lavoro o per spostarsi per qualsiasi altra attività. Si utilizzano i mezzi pubblici, che arrivano con precisione”.

Insomma, due mondi differenti, con un gap abissale per le famiglie. Ecco perché l’auspicio è quello di poter utilizzare al meglio i fondi del Pnrr, attuando riforme strutturali capaci di migliorare la condizione dell’Italia, che si trova attualmente in una situazione di arretratezza sotto tutti i punti di vista, dai trasporti alla digitalizzazione al sistema sanitario. “Se saputi utilizzare – conclude l’europarlamentare – i fondi per il Sud possono rappresentare un momento di ripartenza importante, che va saputa cogliere e non sprecare. Questa è un’occasione unica che non dobbiamo perdere. Perché altrimenti non avremo più scusanti”.

PENSIERI

L’ozio, vizio o virtù?

… ma insomma cos’è questo ozio / ora / in questi tempi violenti, pensato come dolce far niente o totale passività / è una questione di stasi che va e viene e vola in azzardo come iato imprescindibile?
Ora l’otium di latina memoria, sapienza dimenticata dalla nostra cultura, annaspa tra utili netti e profitti da perseguire anche col fiato corto / ora non c’è tempo da perdere, mentre quasi tutto s’è perso, compreso il proprio tempo.
Si baratta, ora, la conoscenza interiore / si cancella ogni meditazione a favore del negotium senza prendersi cura di sé per poter afferrare qualche lampo di saggia felicità / si corre, ora, a perdifiato in territori di ossessive ambizioni e frustrazioni / giocando una partita persa in partenza.
E allora, ora, viene da dirsi, quando morde il dolore e la morte sogghigna, se non sia insano affogare in un mare di babeliche indecenze, sempre interconnessi e sempre più soli.
Mai, come ora, è tempo di arricchire la vita di tempi sospesi per riflettere tra gli affanni e gli impegni costanti e inevitabili, di perderci negli estetici giochi delle nuvole, di immergerci nella goccia di rugiada che brilla su un fiore, di respirare il vento, di impreziosirci della bellezza in un intrico di verde fogliame, di inseguire pensieri ballerini che s’affacciano fugaci, di indorarci di luce per cogliere qualche balenìo di verità che, a volte, disvela il mistero che ci avvolge, di immaginare il suono delle cosmiche sfere, di meravigliarci del nostro stesso respiro.
Mai, come ora, questo “ozio” vitale potrebbe nutrirci e renderci più umani su questa terra madre, straricca di ingiustizie e di sopraffazioni vergognose, nell’indifferenza quasi totale, ora.

Anna Maria Giancarli

I legami dell’essere

L’oziare viziando l’impulso di creare panorami senza confini, trasformandoli in virtuosi legami dell’essere. La meravigliosa scoperta di lasciarsi trascinare nella lentezza degli oziosi pensieri che sanno regalare emozioni sempre nuove.
Sabrina Giangrande
Giornalista

L’ozio è il padre dei vizi

“L’ozio è il padre dei vizi”, recita il detto.
Eppure, oggi, in questa quotidianità frenetica, schiacciata dagli impegni, tormentata da notifiche, obblighi, pressioni, rumori e suoni incessanti l’ozio può rappresentare una virtù.
Un attimo di riflessione.
Un momento di silenzio.
Una pausa.
Corriamo per raggiungere il posto di lavoro, l’università, la scuola, corriamo per riempire le nostre vite, forse perché gli attimi di vuoto ci fanno paura.
Siamo così abituati a vivere in affanno che ci dimentichiamo di respirare, di prenderci del tempo da dedicare al niente.
Riprendiamoci l’ozio.
Possiamo scegliere di strappare un attimo di ozio a questo mondo che ci vuole sempre attivi…
Per restare in compagnia di noi stessi, della nostra anima.
“L’ozio è una virtù.”

Piccola poesia oziosa – l’ozio

Ozio

L’abbaiare di un cane.
Il frinire stanco di un grillo.
Il fresco della sera.
Lo scricchiolio dei passi di un vicino.
La confusione immota delle stelle.
Il sapore delle amarene.
Una macchina lontana.
E poi il silenzio.

Cristina Cerasi
Copywriter