Soffia vento nuovo

“…Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i BAMBINI”. A dirlo è stato il grande Padre della lingua italiana, Dante Alighieri. In questa triade i bambini vengono posti come valore supremo di speranza e futuro, quasi sacrale. Di lì, è la donna o l’uomo che si forma. Un’opera di delicato divenire a cui tutti partecipiamo, consapevolmente o anche inconsapevolmente, e ne siamo responsabili. Tutto, intorno al bambino, all’adolescente, al giovane, contribuisce a determinare il loro domani.

Elena Littamè nella nostra intervista parla di “comunità educante” fatta di adulti più consapevoli del proprio ruolo di genitori, educatori, insegnanti, allenatori, guide capaci di concorrere ognuna alla creazione di una generazione in grado di attuare il cambiamento. Dice ancora che figli si nasce ma che genitore si diventa giorno dopo giorno, insieme ai figli che crescono. Esorta a prestare ascolto perché i giovani amano “essere visti e riconosciuti”. Lo fanno attraverso l’uso di quell’appendice che ormai ognuno di noi maneggia continuamente durante il giorno, ma bisogna fare in modo che questo non resti l’unico mezzo per costruire un ponte con l’altro.

In questo numero il nostro tentativo è di indagare su quelli della Generazione Z, i nativi tra il 1997 e 2012, sulle loro aspettative e difficoltà, sulla complessità del secolo che si trovano ad attraversare, sulle insidie che il progresso nasconde dietro le straordinarie conquiste.

Entriamo così nello spinoso e attualissimo argomento della dipendenza dal web dei giovani in età evolutiva. Complice la pandemia che, negli ultimi anni, ha spinto questa pratica all’ennesima potenza da cui è difficile oggi tornare indietro senza contromisure di distanziamento degli accessi ai giochi dai luoghi della quotidianità. Obesità, disturbi di vario tipo, allontanamento dalle pratiche sportive, isolamento, povertà di relazioni, sono gli effetti più evidenti che si registrano sui giovani.

La narrazione si intreccia con i vari interventi che arricchiscono le pagine di questa edizione fino a come ripensare le città e renderle sempre più attrattive per le nuove generazioni affinché si possa anche invertire il crescente numero dei giovani che lasciano il nostro Paese: nel 2021 ben 94mila si sono trasferiti all’estero.

Scopriamo ciò che fino a poco tempo fa era impensabile. L’architetto Massimo Roj ci dice che per disegnare il futuro dobbiamo comprendere e ricordare il passato. Quando le città erano luoghi d’incontro e socializzazione, rispondenti alle necessità delle persone con i negozi di vicinato, i quartieri e le piazze brulicanti di vita. La riedificazione di queste situazioni diventa l’elemento stesso dell’evoluzione della nostra razza. Scendere da casa e trovare tutto quello che è necessario alla propria esistenza invece che andare in macchina al centro commerciale è un fattore di innalzamento della qualità della vita. La città di oggi deve essere sempre più policentrica.

Tuttavia, anche se viviamo in un’epoca dominata, per dirla con Spinoza, da quelle che il filosofo chiama “passioni tristi”, riferite alla crisi dei fondamenti stessi della nostra società, all’individualismo esasperato, sconosciuto alle generazioni precedenti, siamo certi che ancora una vota con i giovani sapranno invertire il vento della storia.

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