VIOLENZA di Genere e Violazione dei diritti umani di Monica Velletti, presidente facente funzioni
del Tribunale di Terni, presidente della Sezione Civile del Tribunale di Terni, già consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, costituita nella XVIII legislatura
Nei procedimenti civili e minorili si fa poca luce sulle relazioni familiari
Alcune buone notizie: dopo 60 anni dall’ingresso delle donne in Magistratura, è stata nominata la Prima Presidente donna della Corte di Cassazione, Pres. Margherita Cassano. Dal 2015 la componente femminile in magistratura ha superato quella maschile; nell’ultimo concorso in magistratura ben il 69% delle nuove magistrate è donna.
Nel corso della mia quasi ventennale carriera come magistrata esperta nel diritto di famiglia e dei minori, nella trattazione di procedimenti di separazione, divorzio, affidamento figli nati fuori del matrimonio ho potuto constatare la sottovalutazione del fenomeno della violenza domestica che, nonostante l’inasprimento delle pene, continua ad aumentare. A mio avviso ciò è accaduto in quanto i reati di violenza domestica statisticamente più ricorrenti, spesso sono commessi da uomini incensurati, e pertanto le pene, quando irrogate, non sono elevate e in molti casi sono so- spese.
Sembra incomprensibile ma nei giudizi civili e minorili si è prestata poca attenzione all’accertamento della violenza domestica nelle relazioni familiari.
Occorre interrogarsi sulle ragioni di questa apparentemen- te ed inspiegabile “invisibilità” della violenza domestica nei procedimenti civili e minorili. La ragione risiede nella presenza di consolidati stereotipi, che radicati nella cultura italiana, hanno condizionato l’azione giudiziaria.
Per comprendere le radici del fenomeno ho cercato di individuare gli stereotipi più ricorrenti, nella convinzione che solo il loro superamento potrà, nel tempo, avere incidenza sul superamento della violenza domestica.
Alcune buone notizie: dopo 60 anni dall’ingresso delle donne in Magistratura, è stata nominata la Prima Presidente donna della Corte di Cassazione, Pres. Margherita Cassano. Dal 2015 la componente femminile in magistratura ha superato quella maschile; nell’ultimo concorso in magistratura ben il 69% delle nuove magistrate è donna.
Nel corso della mia quasi ventennale carriera come magistrata esperta nel diritto di famiglia e dei minori, nella trattazione di procedimenti di separazione, divorzio, affida- mento figli nati fuori del matrimonio ho potuto constatare la sottovalutazione del fenomeno della violenza domestica che, nonostante l’inasprimento delle pene, continua ad aumentare. A mio avviso ciò è accaduto in quanto i reati di violenza domestica statisticamente più ricorrenti, spesso sono commessi da uomini incensurati, e pertanto le pene, quando irrogate, non sono elevate e in molti casi sono so- spese.
Sembra incomprensibile ma nei giudizi civili e minorili si è prestata poca attenzione all’accertamento della violenza domestica nelle relazioni familiari.
Occorre interrogarsi sulle ragioni di questa apparentemente ed inspiegabile “invisibilità” della violenza domestica nei procedimenti civili e minorili. La ragione risiede nella presenza di consolidati stereotipi, che radicati nella cultura italiana, hanno condizionato l’azione giudiziaria.
Per comprendere le radici del fenomeno ho cercato di individuare gli stereotipi più ricorrenti, nella convinzione che solo il loro superamento potrà, nel tempo, avere incidenza sul superamento della violenza domestica.
In questo contesto ratio del “Progetto Pilota” è riservare uno specifico trattamento ai procedimenti nei quali siano presenti domande di affida- mento dei figli minori in presenza di allegazioni di violenza domestica, assicurando sinergie e scambio di informazioni tra le diverse autorità che nella maggior parte dei casi sono investite, ciascuna nei rispettivi ambiti di competenza, dell’accertamento di condotte di violenza domestica.
In concreto il “Progetto Pilota” prevede che, già dal momento della presentazione dei ricorsi aventi ad oggetto domande di affidamento di figli minori (che possono essere presenti in ricorsi per separazione, divorzio, per l’affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, nei rispettivi proce- dimenti di modifica) vengano individuati quelli che presentano allegazioni di violenza domesti- ca, ossia la mera affermazione di una delle parti (quasi sempre la donna) di essere stata vittima di violenza con descrizione delle condotte subite. In presenza di tali allegazioni, il procedimento viene indirizzato in una “corsia differenziata e preferenziale” al fine di garantirne una rapida trattazione, avendo cura di assicurare la neces- saria informazione tra le diverse autorità giudi- ziarie.
Nella concreta applicazione del Progetto Pilo- ta citato posso confermare di aver avuto quasi sempre conferma delle affermazioni delle donne vittime di violenza. Con attenta analisi delle di- chiarazioni della vittima si viene quasi sempre a scoprire che vicini di casa, parenti, a volte in- segnati, in un caso un parroco, hanno assistito ad aggressioni. Quando il procedimento penale era ancora agli inizi, convocando, con l’utilizzo dei poteri officiosi, queste persone nell’udienza civile, prima dell’adozione dei provvedimenti provvisori ho avuto conferma degli episodi di violenza.
Posso riportare gli esiti del Progetto Pilota in essere da circa tre anni nel Tribunale di Terni: i risultati sono stati molto positivi. All’inizio dell’attuazione del Progetto Pilota, io e l’ottima
collega dr.ssa Marzia Di Bari che con me si oc- cupa della materia, eravamo preoccupate prima di tutto delle possibili reazioni dei violenti, che fortunatamente fino ad ora non ci sono state. Poi temevamo un numero elevato di reclami in appello avverso questi provvedimenti provvisori: nessun provvedimento è stato reclamato. L’accertamento dei fatti che è alla base del lavoro del giudice rende il provvedimento comprensibile anche all’autore della violenza che capisce di essere stato “intercettato” e nella maggior par- te dei casi accetta di seguire i percorsi proposti al fine di liberarsi dalla “patente di cattivo genitore”.
L’ordinamento non deve avere nessuna tolleranza per i violenti, che sono molto bravi a mani- polare i fatti e a giustificare le condotte violente. Bisogna essere fermi nel chiarire che occorre curare l’incapacità di contenere gli agiti violenti prima di valutare il pieno ripristino nell’esercizio delle capacità genitoriali. La grande soddisfazione è che il Progetto Pilota del Tribunale di Terni (citato nella relazione redatta dalla Commissione Femminicidio, cfr. pag. 94) è ora divenuto legge. Nei tavoli di lavoro per la redazione della riforma del processo civile, di cui ho fatto parte nel 2021/2022 come esperta nominata dal Ministero della giustizia, ho riportato questa esperienza e sono stata incaricata di riprodurla nel testo normativo. Sette nuovi articoli, inseriti dalla riforma c.d. Cartabia, nel codice di procedura civile (dal 473.bis. 40 al 473.bis.46 c.p.c.) prevedono che in presenza di allegazione di violenza bisognerà indirizzare i procedimenti di famiglia e minorili su una corsia differenziata e preferenziale, chiedere gli atti al Pubblico Ministero, il giudice avrà il dovere di accertare la violenza prima di emette- re i provvedimenti provvisori e i provvedimenti dovranno, qualora la violenza sia stata accertata, garantire la tutela della vittima e i minori vittime dirette della violenza assistita.
L’impegno contro la violenza domestica deve es- sere massimo, per estirpare questo cancro della società.