L’Italia non è un paese per giovani

di Luigina Pileggi


L’Italia non è un paese per giovani. A fotografare la situazione dei giovani italiani è l’Istat che come ogni anno raccoglie dati e produce statistiche su tutti gli aspetti che riguardano la vita dei giovani: dall’istru- zione al mondo del lavoro alla condizione socio-eco- nomica. Giovani che, a malincuore, scappano sem pre più all’estero, dove è più facile trovare lavoro. Le previsioni sul futuro demografico del Paese, ag- giornate al 2021, confermano infatti un potenziale quadro di crisi. Secondo l’Istat infatti la popolazione residente è in decrescita: da 59,2 milioni al primo gennaio 2021 a 57,9 milioni nel 2030, a 54,2 milioni nel 2050 fino a 47,7 milioni nel 2070. Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2021, a circa uno a uno nel 2050. Entro dieci anni, in quattro Comuni su cinque è atteso un calo di popolazione, in nove su 10 nel caso di Comuni di zone rurali. Anche per quanto riguarda le famiglie la situazione non è delle migliori: entro il 2041 una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà.

Fuga all’estero

Gli italiani, soprattutto i giovani, dopo gli anni legati alla pandemia hanno ripreso a muoversi. In particolare, nel 2021 sono rimpatriati 75mila italiani, un numero più alto del 10% rispetto al periodo pre-pandemia. E sono rientra- ti soprattutto dal Regno Unito (anche per l’effetto della Brexit) e dalla Germania. In più della metà dei casi si tratta di uomini (56%). Per contro, 94mila giovani hanno invece lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero. Tre su quattro sono italiani nati in Italia, uno su quattro è un italiano nato all’e- stero. Oltre la metà parte dalle regioni del Nord (Nord-ovest 30,6% e Nord-est 22,5%), mentre l’età media è 33 anni per gli uomini e 30 per le donne. Anche nel caso degli espatri prevale la componente maschile, ma questo non vale per i più giovani: fino ai 25 anni non si rilevano infatti differenze di genere. I Paesi più gettonati sono quelli europei, solo il 4% sceglie gli Usa e il 2% l’Australia.

I giovani fra i 25 e i 34 anni espatriati fra 2012 e 2021 sono circa 337mila, di cui oltre 120mila laureati. I coeta- nei rimpatriati nello stesso periodo sono 94mila, di cui 41mila laureati. Questo significa che in 10 anni l’Italia ha perso 79mila giovani laureati. Una dinamica che comunque cambia da re- gione a regione: nell’ultimo decennio infatti il Nord ha azzerato le perdite e, anzi, ha un saldo positivo di giovani laureati poiché ha accolto quelli che si sono spostati dalle regioni del Mezzo- giorno; allo stesso modo il Centro ha pressoché azzerato le perdite, mentre il Mezzogiorno, fra chi è andato all’e- stero e chi si è mosso verso le regioni

del Centro-Nord, ha subito una perdita netta di circa 157mila giovani laureati. Guardando i dati del 2022, si evince come il tasso di occupazione in Italia, considerando l’età compresa tra i 25 e i 34 anni, si attesta al 67,2%, in calo rispetto al 2004 anno in cui la percen- tuale era del 70%.

Indietro sull’Istruzione

Nel campo dell’istruzione l’Italia re- sta indietro rispetto agli altri Paesi eu- ropei. Un gap molto ampio se si con- sidera che l’Italia è penultimo posto in Europa relativamente al possesso di un titolo di studio terziario (diploma di tecnico superiore, diploma acca- demico, laurea o dottorato di ricerca) riferito ai giovani di età compresa tra i25ei34anni.InItalia,nel2021,i 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario sono il 26,8%, una percentuale nettamente inferiore alla media europea che raggiunge il 41,6%. L’obiettivo europeo è raggiungere il 45% entro il 2030 nella classe 25-34 anni, come definito nella risoluzione del Consiglio sul “Quadro strategico per la cooperazione europea nel setto- re dell’istruzione e della formazione”. In questa situazione, ad essere partico- larmente svantaggiato è il Mezzogior- no, dove si è laureato un giovane su cinque (20,7%), contro tre giovani su dieci nel Centro e nel Nord (30%). Il divario con l’Europa è più marcato per gli uomini rispetto alle donne: in Italia possiede un titolo terziario il 20,4%, dei giovani (contro una media Ue del 36,3%) e il 33,3% delle giovani, a fronte di una media europea del 47%. Un gap che appare difficile da colmare e che affonda le radici in tante ragioni, a cominciare dalla disponibilità limi- tata di corsi terziari di ciclo breve pro- fessionalizzanti, erogati dagli Istituti

Tecnici Superiori, che sono invece molto diffusi in molti Paesi europei. Anche il contesto familiare è un altro fat- tore associato al conseguimento di un titolo di studio ed è determinante per il raggiungimento di più elevati livelli di istruzione. Nelle famiglie con almeno un genitore diploma- to, infatti, la quota di figli 30-34enni in possesso di un titolo terziario si ferma al 39,3%, mentre sale al 70,1% quando almeno un genitore è laureato. Eppure l’istruzione premia: il tasso di occupazione dei giovani laureati di 30-34 anni supera di oltre 12 punti quello dei coetanei diplomati.

Consiglio nazionale dei giovani

Una condizione di disagio, quella vissuta dai giovani in Italia, che è emersa anche dall’ultimo rapporto realizzato dal Consiglio nazionale dei giovani (CNG) nel 2022 sulla “Disuguaglianza intergenerazionale e accesso alle opportunità”. Per il 79% dei giovani intervistati infatti in Italia si vive peggio rispetto al resto d’Europa. L’indagine ha ana- lizzato le condizioni di vita delle nuove generazioni e la loro capacità di accedere all’istruzione, al mondo del la- voro e alla politica attraverso la partecipazione ai processi decisionali. Per quanto riguarda l’istruzione, e in particolare il giudizio sull’orientamento scolastico da cui dipende il percorso formativo e lavorativo dello studente, dall’analisi si rilevano diverse criticità: il 75% degli intervistati, infatti, si dichiara insoddisfatto dell’orientamento in uscita dalle scuole superiori. Una forte insofferenza emerge an- che nei confronti delle condizioni del mercato del lavoro: poco più della metà degli under 35 (51%) ritiene che gli stipendi non siano affatto soddisfacenti e il 75% degli intervistati si dichiara poco o per niente soddisfatto ri- guardo all’allineamento del lavoro rispetto alle proprie competenze. La quasi totalità dei giovani (89%) definisce poi problematica la situazione relativa alle opportunità di lavoro in Italia rispetto all’estero. Per quanto riguarda infine la politica, la quasi totalità dei giovani (89%) de- finisce inadeguata l’offerta politica rivolta dai partiti alle nuove generazioni e l’86% sostiene di non essere soddisfatto delle opportunità di crescita all’interno dei partiti. Insomma, la situazione non è certo facile, per questo bi- sognerebbe ripensare le politiche pubbliche generazionali, magari sfruttando al meglio le opportunità offerte, come quelle introdotte da Next Generation Eu, devono innescare un reale e concreto cambiamento.

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