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COMPITO DELL’ITALIA Riconquistare la fiducia delle nuove generazioni

Intervista a Maria Cristina Rosaria Pisani Presidente Consiglio Nazionale Giovani

Maria Cristina Rosaria Pisani è nata a Napoli ma è cresciuta in Basi- licata. Ha studiato Giurisprudenza. Dal 2016 è la prima donna eletta Portavoce del Forum Nazionale dei Giovani.
Dal 2016 è vicepresidente dell’Association Femmes Europe Meridiona- le (Afem), la federazione europea che raggruppa piattaforme di as- sociazioni dei paesi meridionali dell’Unione europea. Ha lavorato a progetti europei e internazionali su donne e giovani. Il 29 settembre 2019 è stata eletta Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani.

Qual è la condizione dei giovani nel nostro Paese?
Quali sono le difficoltà maggiori che devono ad affrontare?

I giovani, in questo Paese, hanno subito il colpo più duro della pandemia, soprattutto in riferimento allo stato di benessere psicofisico.

I giovani, in questo Paese, hanno subito il colpo più duro della pandemia, soprattutto in riferimento allo stato di benessere psicofisico. In questo anno abbiamo condotto ricerche, sia con partner esterni come Censis, sia con il nostro Osservatorio sul Benessere, e i dati sono davvero preoccupanti. Dal- le condizioni di salute, caratterizzate da persistenti sensazioni di ansia e nervosismo, passando per le difficoltà nel farsi spazio nella società e nel mondo del lavoro. È un Paese questo che ha visto bloccarsi l’ascensore sociale e non offre prospettive di

miglioramento. Solo il 3,7% dei comuni italiani ha un sindaco con meno di 35 anni, e tra questi non c’è nessun comune capoluogo. I deputati giovani sono 21, pari al 5% del totale, ancora meno di quelli presenti nella scorsa legislatura. Come possono, dunque, i decisori politici rappresentare a pieno le esigenze dei più giovani? Eppure questa è la generazione più preparata e scolarizzata di sempre, ma fa fatica a trovare un’occupazione e, anche quando la trova, il guadagno non è quasi mai proporzionato allo sforzo; oppure si è sotto inquadrati, stressa- ti per carichi di lavoro eccessivi, e si fa fatica ad ottenere quel necessario riconoscimento che serve a motivare per l’impegno futuro.

Molti scelgono di abbandonare l’Italia e di cercare un futuro altrove. Cosa trovano all’estero che qui non c’è?

I giovani vanno via da un Paese che li ha delusi, ed è questa mancanza di fiducia nel futuro e nelle istituzioni che mi spaventa molto

In questi anni c’è stato un progressivo disinvestimento sulle leve tradizio- nali della crescita socio-economica, che sono tre: istruzione, formazione e lavoro. Questo è il motivo per cui ben 9 giovani su 10 ritengono che meriterebbero di più nel lavoro, e 4 giovani su 10, se avessero la possi- bilità, andrebbero via dall’Italia. Il triplice rifiuto percepito dai giovani italiani (anagrafico, territoriale e di genere) ha incentivato il desiderio di migrare all’estero e soprattutto lo ha fatto diventare realtà. Non ho paura di dire che quella di andare via, oggi, più che una scelta, è una necessità di sopravvivenza

I fattori sono tanti ma passano tutti per la dimensione della dignità formativa, professionale ed economica. Probabilmente i Paesi esteri riescono a garantire un equilibrio migliore tra riconoscimento delle competenze e del merito, livelli salariali, qualità e costo della vita. Oggi per un giova- ne senza sostegni familiari è difficile conquistare l’autonomia e l’emanci- pazione, soprattutto in città dove gli affitti sono quasi più elevati dei salari percepiti. I giovani vanno via da un Paese che li ha delusi, ed è questa mancanza di fiducia nel futuro e nelle istituzioni che mi spaventa molto. Credo che le istituzioni debbano la- vorare affinché andare via sia una libera scelta e, soprattutto, che tornare in Italia sia un desiderio acceso. Per fare questo però c’è la necessità di costruire ambienti fertili agli investimenti, a partire da infrastrutture fisiche e digitali che rendano agevole vivere e lavorare. Insomma le opportunità e le ricchezze vanno ridistribuite meglio su tutto il territorio nazionale, da nord a sud, dai centri alle periferie, in maniera più omogenea. Il Pnrr in questo è un’enorme opportunità che non va sprecata.

Crede che le nuove generazioni sappiano fare rete?
Siano disposte a lottare per migliorare la situazione e le prospettive future o prevale un
sentimento di sfiducia e un nuovo riflusso nel privato?

Sono Presidente della più grande rete di associazioni giovanili d’Italia e sono testimone dell’impegno quotidiano che migliaia di giovani offro- no gratuitamente per il loro Paese. I giovani sono bravissimi a fare rete e lo hanno dimostrato in tante recenti occasioni, con atteggiamenti responsabili e generosi.

Tuttavia, parliamo di una parte dei giovani italiani. Non è una condizione generalizzata. Da alcuni studi è emerso che l’81% dei presidi delle scuole secondarie ritiene che tra gli studenti siano sem- pre più diffuse forme di depressione e di disagi esistenziali, rese più gravi dalla pandemia. Sono fenomeni che erano già presenti nel nostro tessuto sociale, ma che sono stati accentuati dalla solitudine e dall’assenza di relazionalità vissuta durante l’emergenza sanitaria. Questa condizione, diffusa e persistente, che tutto sommato si trascina dalla crisi del 2008, ha portato i giovani italiani a maturare la pericolosa convinzione che rinunce, sforzi e investimenti individuali non generino un adeguato ritorno in termini di soddisfazione lavorativa, personale e di retribuzione. Anche i dati di Bankitalia confermano che dal 2006 al 2016 c’è stata una riduzione della ricchezza degli under 35 di ben sette volte. È un dato impressionante, che non può che generare senso di sfiducia e conseguente abbandono.

È davvero una generazione che ha perso la speranza?

Credo che il problema principale sia questo. Perciò mi piace parlare di diritto alla Felicità, perché se smettiamo di sperare, di sognare, di credere, nessun sogno potrà diventare realtà. In questo, il contributo dei social network e della narrazione giornalistica non ha aiutato. Le storie straordinarie raccontate come ordinarie creano una pericolosa distopia tra reale e percepito, che genera sofferenza.

Ma cosa c’è dopo questa sofferenza? Una reazione in positivo? Una voglia di riscatto? Ci sarebbe se offrissimo a questi ragazzi la prospettiva di una riuscita, ma se nel frattempo li la- sciamo navigare in un mare di noti-

zie negative, la conseguenza sarà la paralisi generale. Quella che genera procrastinazione. Per questo – nonostante tutto – noi vogliamo invertire questa narrazione e affrontare il futuro, sfidandolo a viso aperto, con il sorriso. Con ottimismo? Sì. Perché se non lo siamo noi, non lo sarà nessuno e perché il nostro futuro cammina solo sulle nostre gambe.

Quali potrebbero essere le cose da fare nell’immediato per ridare fiducia ai giovani?
Quali responsabilità affidare
alla politica?

I giovani sono bravissimi a fare rete e lo hanno dimostrato in tante recenti occasioni, con atteggiamenti responsabili e generosi.

Mi piace parlare di diritto alla Felicità, perché se smettiamo di sperare, di sognare, di credere, nessun sogno potrà diventare realtà

La politica ha l’enorme responsabilità di riconquistare la fiducia tra i giovani. E potrà farlo solo costruendo un Paese che possa essere casa ospitale per chi vuole impegnarsi, destinando adeguate risorse alle politiche generazionali e a quelle potenzialmente generazionali. Per fare questo però c’è bisogno di codificare un dialogo costante, in un perimetro fisso e stabile, dove la funzione consultiva dei giovani venga solidamente presa in considerazione. Solo con la raccolta di questi input si può generare output che risultino adeguati alle esigenze. Gli investimenti sulla formazione, sull’orientamento, e sulla costruzione di ambienti favorevoli all’occupazione sono i presupposti, per poter ricostruire un patto generazionale, sul quale vogliamo rilanciare il Paese. Il reset generale che abbiamo dovuto subire, a caro prezzo in questi anni, può diventare un’enorme opportunità, per ricostruire schemi sulla base di nuovi modelli di partecipazione. Ci stiamo impegnando per questo, e ne scorgiamo già i primi risultati. La strada è ancora lunga, ma il tempo è dalla nostra parte.

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