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Un progetto di cittadinanza attiva

Si è cercato di stimolare la sensibilità delle ragazze e dei ragazzi nei confronti della cosa pubblica, con l’intento di sviluppare la cultura della legalità e della partecipazione attiva alla vita delle istituzioni e a favorire un loro rapporto partecipativo e paritario alla vita collettiva

di Silvia Di Batte

Dal luglio 2022, quando il progetto è stato lanciato dalla PN Giovanna Guercio, sono passati mesi di grande lavoro, sia per i Club che hanno aderito, sia per i ragazzi delle scuole che sono stati coinvolti. Per non parlare di Paola D’Ascanio, club dell’Aquila, referente nazionale e del gruppo di lavoro, composto da Gianna Colagrande, anche lei dell’Aquila e da Linda Schipani, del club di Messina.

Il progetto nasce nell’ambito dell’i- dea progettuale complessiva di “La città che vorrei” ed è stato organizzato per coinvolgere in modo attivo e propositivo i giovani, gli studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di primo e di secondo grado e degli Istituti Tecnici Superiori, con l’obiettivo di stimolare i giovani a proporre idee di retrofitting dello spazio urbano o proposte totalmente innovative.
Il parterre dei soggetti coinvolti in questo lavoro va dunque dalle socie dei Club che hanno aderito, dai docenti degli istituti scolastici, da- gli esperti di pianificazione urbana ad animatori/conduttori di gruppi di lavoro, ad Amministratori locali, ordini professionali, fino ad arrivare

ai componenti della giuria per la valutazione degli elaborati.
Il successo è stato notevole, se si prendono in considerazione i dati numerici dei Club coin- volti, del numero degli elaborati che sono ar- rivati e delle classi che hanno partecipato (si veda a proposito i dati a lato).

Un lavoro “corale”, dunque, con la finalità di sondare le modalità con cui i giovani si relazionano con l’ambiente urbano in cui vivono, di scoprire quali sono le criticità che essi vi riscontrano e, soprattutto, di raccogliere le loro idee, proposte di miglioramento, progetti sui vari temi chiave, dall’assetto urbano alla valorizzazione del patrimonio culturale, all’efficienza dei servizi, alla riduzione dell’impatto ambientale.Si è cercato di stimolare la sensibilità delle ragazze e dei ragazzi nei confronti della cosa pubblica, con l’intento di sviluppare la cultura della legalità e della partecipazione attiva alla vita delle istituzioni e a favorire un loro rapporto partecipativo e paritario alla vita collettiva. In breve, un grande esercizio di cittadinanza attiva.

A conclusione del progetto il 6 giugno 2023 è prevista, in Campidoglio, a Roma, la premia- zione dei team di giovani che hanno superato le selezioni a livello nazionale.

La Giuria che esamina gli elaborati e proclama i vincitori è composta da Massimo Roj, architetto, fondatore e AD di Progetto CMR da Donatella Caniani, ingegnere ambientale, docente della Università di Potenza (Soroptimist club Potenza) e da Valeria Villa, storica dell’arte, conservatrice – restauratrice, socia fondatrice di Cultura-Valore Milano (Soroptimist club Varese).

Abbiamo chiesto ai giurati il loro punto di vi- sta e le loro impressioni “a caldo”, mentre an- cora stavano esaminando i lavori dei ragazzi.

LOCANDINA_Ri-Generazione Città Giovane

I nuovi cittadini dall’animo green

Chiediamo alle due giurate soroptimiste Valeria Villa, Club di Varese e Donatella Caniani, Club di Potenza, come hanno affrontato il loro compito.
È utile far notare che la scelta è ricaduta su due socie i cui club di appartenenza non hanno partecipato
al progetto e che avevano le necessarie competenze in campo di urbanistica.

I ragazzi sono stati molto critici nel riconoscere dapprima alcune criticità dei contesti in cui vivono e nel proporre soluzioni di valorizzazione e tutela decisamente innovative e fantasiose.

di Valeria Villa

Con quale spirito hai accolto la proposta di far parte della giuria?

Ho accolto l’invito con piacere e riconoscenza, pur consapevole di aggiungere carico alla mole di lavoro che già mi impegna abbondantemente, ma con spi- rito di servizio e grande curiosità per il vero Patrimonio umano che detiene il nostro Paese: i nostri giovani.

Quali sono le tue aspettative rispetto alla capacità di analisi dei ragazzi?

Da donna Soroptimista, mamma di due ragazzi ormai grandi, attiva da sem- pre a livello didattico e formativo per l’educazione al Patrimonio culturale, ero certa di trovare importanti spunti di riflessione e idee innovative.
I ragazzi difficilmente tradiscono tali aspettative: creatività, fantasia, ricer- ca, critica, proposizione sono solo alcuni degli aspetti salienti intercettati nei progetti esaminati.

Dagli elaborati dei ragazzi che idea ti stai facendo del loro modo di essere cittadini?

Attraverso le proposte esaminate si evince un forte influsso educativo prove- niente dal corpo docente, dalle famiglie di provenienza e dal contesto sociale dal quale provengono i ragazzi.

Notevole la differenza degli approcci tra le scuole primarie e seconda- rie ma in tutti i lavori esaminati, provenienti da città di differenti am- biti geografici, con valenze e problematiche differenti, noto a comune denominatore l’assimilazione di un processo educativo molto evoluto. I ragazzi mi paiono presenti, consapevoli e propositivi; mi hanno sorpre- so in modo particolare la presa di coscienza del valore del Patrimonio naturalistico, architettonico, urbanistico e storico-artistico, il tentativo di valorizzarlo con proposte di sostenibilità economica e ambientale, con particolare attenzione rivolta ai bisogni effettivi delle giovani gene- razioni, aspiranti a creare luoghi di incontro, di scambio, condivisione e inclusione sociale. Credo potranno essere cittadini consapevoli e impegnati per la salva- guardia, tutela e valorizzazione del Patrimonio nazionale.

Hanno saputo individuare criticità? Hanno saputo proporre delle soluzioni?

Certamente sono stati molto critici nel riconoscere dapprima alcune criticità dei contesti in cui vivono e nel proporre soluzioni di valoriz- zazione e tutela decisamente innovative e fantasiose.
Alcuni di essi si sono spinti a trovare e proporre soluzioni tecniche, di natura architettonica e addirittura tecnologica, votate alla sostenibilità ambientale, all’efficientamento energetico, alla mitigazione dell’impat- to sull’ambiente: insomma un processo di sintesi che parte dall’appro- fondimento delle conoscenze per giungere a innovative soluzioni eco- sostenibili: grande lavoro!

Saranno cittadini attivi o passivi?

Indubbiamente saranno cittadini critici, capace di discernere, di interrogarsi, di analizzare, studiare e ricercare per poter risolvere problemi e proporre miglioramenti, mitigazione di cause di degrado, in un’ottica di cittadinanza consapevole, educata ed inclusiva. Credo che questo progetto, come altri analoghi o perlomeno orientati alla formazione di una futura generazione di cittadinanza attiva e consapevole, siano processi preziosi di affiancamento alle Istituzioni e che la disseminazione degli esiti di tali importanti progetti debba essere lo step ulteriore del nostro impegno: senza condivisione della grande mole di lavoro svolta da Soroptimist, dai docenti, dalle scuole, dai ragazzi, dai professionisti chiamati a studiare e valutare, tutto questo importante lavoro decadrebbe a breve. Suggerisco pertanto di mettere a sistema queste testimonianze in una raccolta di best practices da promuovere e divulgare con soluzioni innovative di comunicazione, magari attraverso le fonti ministeriali di comunicazione.

Donatella Caniani

Far parte della giuria di questo concorso cosa ha significato per te?

Far parte di questa giuria ha rappresentato, per me, una vera e propria quadratura del cerchio, il com- pimento di una serie di attività, che sto svolgendo come docente universitaria di Ingegneria Sanita- ria-Ambientale, legate allo sviluppo di progetti per la creazione ed il rafforzamento di Comunità di cit- tadini, che si aggregano e coagulano attorno ai temi della salvaguardia e della sostenibilità ambientale. La creazione di nuove e più solide comunità di cit- tadini è, infatti, al contempo strumento ed obiettivo degli interventi di rigenerazione urbanistica, am- bientale e sociale di aree urbane degradate. Il suc- cesso di tali azioni passa anche attraverso la robusta e vivace collaborazione tra cittadini consapevoli e correttamente informati.

C’è quindi uno stretto legame tra la rigenerazione sociale, intesa anche come costruzione di nuove comunità di cittadini, e le questioni legate alla protezione dell’ambiente?

Nel quadro della crescente pressione a cui produ- zione e consumi sottopongono le risorse mondiali e l’ambiente, la transizione verso un’economia cir- colare risponde al desiderio di crescita sostenibile, e, contrapponendosi al modello di sviluppo lineare, si orienta verso altre priorità, verso valori antichi che sembravano perduti ma che diventano il fulcro del nuovo modello di sviluppo: riutilizzare, aggiustare, rinnovare, riciclare. L’attenzione crescente verso l’u- so e il riuso effificiente delle risorse naturali e il riciclo dei rififiuti come ‘materia prima-seconda’, mi ha spin- to a sviluppare progetti specififici, che mirano a co- struire nuovi modelli circolari di valorizzazione dei rifififiuti. Tali obiettivi possono essere raggiunti, però, solo utilizzando un approccio centrato sulle persone, responsabilizzando la società civile e promuovendo modelli di aggregazione che rappresentano, a loro volta, terreno fertile per la divulgazione delle proble- matiche ambientali, e contribuiscono allo sviluppo di strategie comunicative integrate, ad esempio con

informazioni personalizzate, per promuovere il cam- biamento dei comportamenti, modificare conoscen- ze, consapevolezza e atteggiamenti. I giovani sono senz’altro i nostri “modelli” più efficaci di divulga- zione e propagazione di comportamenti virtuosi. An- che dallo studio dei loro bisogni bisognerà partire se si vorranno ri-progettare città e quartieri sempre più vivibili e rispettosi dell’ambiente.

I ragazzi hanno saputo individuare criticità? Hanno saputo proporre delle soluzioni?

I ragazzi non deludono mai. Quando li si coinvolge con un bel progetto, rispondono dando il meglio di loro stessi. Con il supporto dei loro docenti, hanno saputo, attraverso lucide analisi critiche, in alcuni casi supportate da indagini sociologiche, condotte anche attraverso la somministrazione di questiona- ri, individuare le criticità e i bisogni, tanto a scala di città quanto a quella di quartiere e di singolo proget- to, proporre soluzioni contestualizzate, concrete e realizzabili, molto ben sviluppate dal punto di vista tecnico e metodologico, caratterizzate in molti casi da un notevole livello di originalità e innovazione.

Dagli elaborati dei ragazzi che idea ti stai facendo del loro modo di essere cittadini? Saranno cittadini attivi o passivi?

Gli elaborati mi lasciano ben sperare per il futuro. Le città saranno sempre più interessate da azioni di rigenerazione per obiettivi quali riciclo di materiali, effifificienza energetica, forestazione urbana, mobilità sostenibile.

I recenti sviluppi delle politiche pubbliche e della rigenerazione urbana richiederanno sempre di più la partecipazione diretta e sempre più attiva dei cit- tadini. I giovani saranno i nostri migliori alleati, i veri buoni cittadini del futuro, che contribuiranno con le loro idee a ripensare e ri-generare le nostre città alla luce delle analisi degli indicatori della pia- nifificazione per insediamenti sicuri e green e sempre di più a misura delle nuove generazioni.

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Roj Massimo ridotto

Dopo gli stordenti anni 50 si ripensa la città a misura d’uomo

Tornano i valori del passato su cui costruire oggi il futuro dei giovani.

Intanto che attendiamo di ascoltare la voce dei giovani studenti attraverso gli elaborati del concorso del Soroptimist “Rigenerazione città giovani”,ci interessa avere una visione su come oggi ridisegnare la città per essere attrattiva soprattutto per i giovani. Lo chiediamo a Massimo Roj, architetto con molteplici esperienze internazionali, fondatore e amministratore delegato di Progetto CMR.

Sicuramente la città va pensata come un luogo più inclusivo, più rispettoso delle diversità e delle esigenze delle persone. Noi progettisti dobbiamo cercare di progettare per le persone che useranno gli spazi, tutto deve partire dalle necessità dell’essere umano. Il periodo critico che abbiamo vissuto negli ultimi anni ci ha fatto riscoprire alcuni valori che nella città di oggi forse ci eravamo dimenticati, come i negozi di vicinato, i luoghi dell’incontro e socializzazione, la piazza, il giardino…

Quando noi eravamo piccoli c’erano, ad esempio, anche gli oratori.

Bisogna pensare oggi a degli oratori laici dove giovani e bambini possono iniziare a incontrarsi, ma dove anche le diverse fasce di età possono trovare una modalità di interazione innescando nuove forme di comunità: ad esempio gli anziani possono prendersi cura dei bambini, così come anche il giovane può aiutare l’anziano e viceversa.Scendere da casa e trovare il negozio invece di prendere la macchina e andare al centro commerciale è un fattore di miglioramento della vita. Riducendo i consumi e l’inquinamento, la presenza di questi luoghi diventa l’elemento stesso della nostra evoluzione. Ricordiamoci che tutto è nato intorno al fuoco del campo, quando gli uomini, gli antenati, i cacciatori, si incontravano e alla fine della giornata parlavano delle loro gesta, della caccia piuttosto che delle esperienze avute. Il fuoco è diventato la piazza e intorno ad essa è cresciuto prima il paese, poi la città e poi le grandi metropoli.

La città di oggi deve essere sempre più policentrica, in ognuno dei suoi quartieri devono essere presenti tutte quelle funzioni vitali che permettono alla popolazione di muoversi all’interno del quartiere stesso, trovando tutto quello che è necessario alla propria esistenza. Quindi dall’abitazione al lavoro, dal commercio alla scuola, alla sanità e soprattutto ai luoghi di incontro. Una città aperta a tutti, eliminando l’effetto “ghetto” che abbiamo creato negli anni passati con le migrazioni che le città hanno subito e la desertificazione dei servizi.

Ci sono quartieri di grandi città come Roma e Milano, dove tutto ciò è estremamente evidente, ma anche piccoli centri urbani hanno questa caratterizzazione.

Bisogna riportare spazio vivibile all’interno dei centri urbani, iniziando con il rivisitare quello che abbiamo, magari anche attraverso un processo che liberi il suolo. Se vogliamo pensare che il futuro non sia più definito per aree di estrazione sociale ma che ci sia molta più inclusione, anche i criteri di assegnazione delle case non possono essere solo esclusivamente legati al reddito, ma alla possibilità di far convivere le diverse fasce anche in termini di età come dicevo prima. Dai più giovani ai più anziani, entrambi parte di una stessa realtà.

Riemergono, quindi, i valori del passato, quando nel quartiere ci si sentiva “a casa”?

Mi piace dire sempre che per disegnare il futuro dobbiamo comprendere e ricordare il passato. I nostri antenati vivevano in condizioni comunque piacevoli, con delle città a misura d’uomo. Però negli anni 50 c’è stato chi ha teorizzato la città suddivisa per funzioni: il quartiere per dormire, quello per lavorare e un altro per comprare. Modello che, dalle città americane, grazie al potere economico degli Stati Uniti, si è esteso negli altri Paesi in via di sviluppo. Sono nate così le piazze artificiali, i grandi scatoloni dei centri commerciali che hanno ucciso i negozi di vicinato. Molti dei nostri Paesi medievali, dei nostri borghi antichi sono morti proprio al nascere di questi nuovi fenomeni.

Lei vede possibile un ritorno al passato con i centri commerciali che, potenti come sono, cercheranno di ostacolare questo processo?

Ritorno al passato è un ritorno alla modalità di vita che era più consona alla storia della nostra evoluzione. Abbiamo vissuto un cinquantennio stordente. Oggi anche nei paesi in via di sviluppo si stanno ripensando i luoghi del vivere in modo che permettano la compresenza di funzioni diverse. Non più andare in un luogo per fare un’attività specifica: in quest’ottica, mi piace parlare del passaggio da quello che definiamo in termini inglesi “office space”, ossia degli spazi di lavoro, a “living place”, luoghi del vivere dove lavorare, studiare, abitare, fare diverse attività .

Un esempio pratico di come usare i luoghi diversamente?

Le nostre città in gran parte delle giornate rimangono vuote: pensiamo agli uffici, che vengono occupati 8 – 10 ore al giorno, come pure gli alberghi. Perchè non pensare a funzioni che possono in qualche modo mettere insieme diverse attività e quindi occupare tutto l’arco della giornata? Noi abbiamo progettato, naturalmente con degli accorgimenti, un luogo del genere funzionante 24 ore su 24: l’abbiamo chiamato “officetel”, ufficio di giorno e albergo di sera.

Per accogliere una visione del genere però occorrono menti brillanti, lungimiranti.

La città è frutto di un’azione politica. Il problema da noi è che si va direttamente con la progettazione senza prima porre a monte una programmazione ventennale/ trentennale con una pianificazione a medio e breve tempo soggetta a revisioni periodiche in funzione dei cambiamenti sociali che avvengono all’interno dello sviluppo della nostra amata terra.

Questo tipo di percorso permetterebbe il cambio di rotta che tanto auspichiamo.

Come possono spingere i giovani per andare in questa direzione?

La politica si deve fare partecipe e attore fondamentale. I giovani possono spingere, però c’è sempre meno amore, lo si vede anche dall’assenteismo elettorale, non c’è più la scuola di politica che c’era magari una volta e quindi oggi scarseggiano i giovani che possano arrivare a fare politica per migliorare le condizioni complessive del Paese. C’è da lavorare tanto anche su questo e se ne rendono conto i giovani stessi. Iniziative come il vostro concorso del Soroptimist sono sicuramente interessanti ed estremamente utili, perché ci aiutano a capire come questi ragazzi vedono il loro futuro e quali sono le loro speranze e i loro sogni

Rigenerazione-citta

Ri-Generazione. Quale futuro?

Studenti delle medie e superiori invitati a ri-pensare la loro città

Intervista a Paola d’Ascanio, Referente nazionale progetto Ri-Generazione, città giovane

di Francesca Pompa

Il Soroptimist International d’Italia, nello spirito del motto “Acceleriamo il Cambiamento” lanciato dalla Presidente Giovanna Guercio, ha messo in opera tutta la forza dei tanti Club di donne  presenti sul territorio nazionale per una serie di progetti rivolti in  particolare all’obiettivo 11 dell’Agenda 2023 dell’ONU: “città e comunità sostenibili”.

Nell’ambizioso disegno il Soroptimist dà un ruolo rilevante proprio ai giovani chiamandoli a dare voce al loro contributo con idee da proporre alle Amministrazioni locali per rendere le proprie città più “sostenibili”.

È stato indetto un bando “Ri-Generazione città giovane” le cui domande di partecipazione al concorso da parte delle scuole dovranno pervenire al Soroptimist nazionale entro venerdì 14 febbraio 2023.  Gli studenti potranno concorrere presentando le loro idee attraverso elaborati grafici, testi, illustrazioni, slides, video.

Paola D’Ascanio, coordinatrice nazionale del progetto stesso nonché nome storico e di grande prestigio del Club dell’Aquila, ci fornisce  dettagli che fanno immaginare un futuro che può essere già oggi.

“Il Soroptimist ha siglato un protocollo d’intesa con il  Ministero dell’Istruzione il 16 giugno scorso e questo ci ha permesso di invitare le Scuole, pubbliche e private, secondarie di primo e secondo grado e gli ITS a coinvolgere gli alunni su come vorrebbero ri-generare la propria città”. Un invito vero e proprio a ripensare il territorio a misura delle nuove generazioni”.

È un atto molto importante che accredita il Soroptimist e apre alla possibilità di poter essere un interlocutore privilegiato nel mondo della scuola, come sta avvenendo appunto con l’inserimento nella programmazione scolastica dell’educazione alla città attiva. Entriamo nel pratico, come vi interfacciate con le scuole e con quale assetto?

“Certo l’obiettivo è ambizioso e richiede un impegno non da poco. Va detto che insieme a me c’è un team di lavoro che garantisce i contatti e la corretta esecuzione. Gianna Colagrande, soroptimista del mio stesso Club già dirigente scolastico e Linda Schipani, ingegnere ambientale, presidente del Club di Messina, sono le colonne portanti sotto la supervisione della nostra presidente Guercio.

È stata costituita anche una commissione esaminatrice degli elaborati che perverranno.

Svolgiamo un lavoro sinergico con gli stessi docenti, calibrato ai tempi della scuola. È già tutto calendarizzato”.

C’è grande mobilitazione nei Club per questo progetto?

“L’interesse è altissimo, ad oggi hanno aderito oltre venti Club e il numero è destinato a crescere di giorno in giorno. La presenza diffusa su tutto il nostro Paese amplifica enormemente la portata dell’operazione che, al di là di tutto, contribuisce a creare nei giovani una coscienza partecipativa circa le questioni che riguardano il loro presente e il loro futuro”. La restituzione dei risultati avverrà con un evento di proclamazione dei vincitori del concorso nonché con la diffusione  del report finale presso i possibili stakeholder e i decisori politici e amministrativi.

Call for Students

C’è tempo fino al 14 febbraio per presentare gli elaborati, in formato esclusivamente digitale secondo le modalità previste dal Bando e previa compilazione dei relativi allegati disponibili online sul sito del Soroptimist International della propria città.

Il Soroptimist International ha deciso di promuovere il bando Ri-Generazione Città Giovane presso le scuole del territorio, dando la propria disponibilità a supportare l’introduzione del progetto presso gli Istituti che intenderanno aderire, premiare i progetti migliori e favorire la comunicazione dei risultati ottenuti a Istituzioni e cittadinanza. Invita le Scuole, pubbliche e private, secondarie di primo e secondo grado e gli ITS del Territorio a coinvolgere gli alunni ad esprimersi su come i giovani vorrebbero ri-generare la propria città.

Un progetto che vuole portare i ragazzi a riflettere, conoscere meglio, analizzare la propria città per proporre interventi per una città più a misura delle nuove Generazioni.

La call for Student Ri-Generazione Città Giovane pone particolare l’attenzione sull’obiettivo 11 dell’agenda 2030 dell’ONU: “Città e Comunità sostenibili” e lo fa invitando gli studenti a conoscere meglio la propria città per disegnare un cambiamento, proporre un’idea, descrivere un progetto che risponda alle loro reali esigenze o semplicemente ai loro sogni.

C’è tempo fino al 14 febbraio per presentare gli elaborati, in formato esclusivamente digitale secondo le modalità previste dal Bando e previa compilazione dei relativi allegati disponibili online sul sito del Soroptimist International della propria città.

I progetti ritenuti più di valore saranno esposti alle Istituzioni territoriali e parteciperanno alla selezione nazionale finalizzata ad una pubblicazione, curata dal Soroptimist International d’Italia, da presentarsi nell’ambito dell’evento nazionale conclusivo del progetto a giugno 2023.

Iginio-Rossi

Nuovi scenari urbanistici

Intervista a Iginio Rossi, Architetto Istituto Nazionale di Urbanistica

di Cinzia Grenci

Iginio Rossi è Architetto, si occupa del funzionamento urbano con particolare attenzione all’accessibilità a 360° delle città intesa come diritto fondamentale di tutte le persone e alla rivitalizzazione degli organismi urbani territoriali economici anche a livello territoriale in riferimento alla rigenerazione urbana, alla mobilità attiva, ai centri storici e al funzionamento delle attività miste diffuse.

Fondatore e coordinatore di “Città accessibili a tutti” e responsabile dell’omonima Community INU, Istituto Nazionale di Urbanistica.

Componente del CdA di Urbanistica Italiana srl, Urbanpromo. Coordinatore del blog “Territori Ciclici” all’interno del sito “urbanisticainformazioni.it”.

Come sono cambiate nel tempo le nostre città? Come sono cambiati i concetti di centro e periferia?

È un processo pluri millenario che in alcuni casi ha prodotto effetti positivi sugli insediamenti urbani ma in altri si è tradotto nella scomparsa della città, quella bella, attraente, incline al “bene-essere”. Anche oggi è così, a dettare percorsi e direzioni delle trasformazioni sono le persone: se le guidano visioni illuminate i luoghi migliorano crescendo se invece le ottiche sono “avare” i luoghi peggiorano, degradano e perdono caratteri, identità.

Per ciò che riguarda il rapporto centro/periferia, i fatti di cronaca nera degli ultimi mesi, confermano la presenza, per la verità non nuova, del conflitto socio-culturale-economico invece che spaziale. In alcune situazioni il centro è diventato marginale mentre la periferia ha assunto centralità, dinamismo, attrazione. Mi riferisco, per esempio, alle azioni condotte dal Politecnico di Milano nel quartiere San Siro all’interno del progetto “Off Campus” in cui si genera ricerca su contesti marginali, l’abitare, la povertà educativa e le segregazioni in contesti multiculturali.

Contemporaneamente hanno un ruolo di primo piano educazione e cultura con laboratori formativi, eventi culturali e confronti-scambi.

Le città sono microcosmi nei quali si riproducono fenomeni complessi: relazioni tra esseri umani, tra esseri umani e cose, tra esseri umani e spazi; rapporti di lavoro, incontri e scontri generazionali, convivenza tra diversi. Come si cerca di governarli attraverso l’urbanistica?

Il quadro di riferimento per sviluppare i governi urbani e territoriali oltre a essere complesso, articolato, è caratterizzato da dimensioni fortemente frammentarie. Mi limito a ricordare che la frammentazione riguarda non solo l’organizzazione politica, istituzionale e operativa delle amministrazioni ma concerne anche la democrazia, i diritti, le garanzie, le tutele, i servizi, cioè aspetti che incidono direttamente sulla qualità della vita delle persone contribuendo ulteriormente a incrementare fragilità, esclusione, povertà, disuguaglianze. Consapevole dell’importanza di risolvere questo nodo cruciale, l’INU ha dedicato il XXX Congresso nel 2019 proprio a cercare modalità in grado di governare la frammentazione. La soluzione è stata indicata nella costruzione di un patto per l’urbanistica che può consentire di rendere l’urbanistica socialmente utile. Subito dopo quel Congresso la community “Città accessibili” ha iniziato a lavorare al programma “Un patto per l’urbanistica città accessibili a tutti”. Dalla primavera 2021 abbiamo avviato una sperimentazione con 8 città (Ancona, Catania, Genova, Livorno, Mantova, Reggio Emilia, Spello e Udine) all’interno dei temi dell’accessibilità, inclusione, sostenibilità e bene-essere. In occasione di Urbanpromo città (11-14 ottobre 2022) presenteremo la sintesi di questa sperimentazione giunta alla conclusione della prima fase inerente lo sviluppo locale dalla quale prenderà avvio un successivo percorso per individuare entro il 2023 le soluzioni replicabili nella dimensione più ampia corrispondente alla visione Paese.

Un lavoro che deve necessariamente rimanere “aperto” considerata la velocità dei cambiamenti sociali e culturali nei nostri territori …Bisogna immaginare una città facilmente adattabile alle novità?

Nel 2016 all’interno dell’iniziativa “Il Paese che vorrei” collaterale al XXIX Congresso INU dedicato al “Progetto per il Paese” è stata presentata la costituzione di uno spazio collaborativo per il confronto su indirizzi, esperienze e prospettive di miglioramento del funzionamento urbano. La proposta sottoscritta da Fabrizio Vescovo, padre della normativa italiana inerente l’accessibilità integrata da Giorgio Raffaelli (Festival per le città accessibili di Foligno,) da Luigi Bandini Buti (Design for All Italia) e dal sottoscritto, ha dato avvio a “Città accessibili a tutti” un progetto a rete, indirizzato al confronto tra le professioni, gli studiosi, le associazioni e le istituzioni. Forte delle numerose adesioni, nel 2019 è stato pubblicato http://atlantecittaccessibili.inu.it/. Nella piattaforma sono raccolte le Linee guida per politiche integrate, un’articolazione di indirizzi e orientamenti rigardanti: progetti, strumenti, processi e formazione, costruita da un gruppo di lavoro esteso ed eterogeneo. Non un quadro statico bensì un riferimento metodologico; proprio in considerazione del continuo processo di cambiamento cui è sottoposto lo spazio urbano, anche l’accessibilità è un valore dinamico, legato alle condizioni storico-ambientale-culturali del momento. Per ciò dedichiamo da alcuni anni attenzione alle innovazioni provenienti dal “mondo” delle università e ricerche-studi. Dal 2019 abbiamo lanciato il Premio per tesi di laurea magistrali e ricerche-studi con il supporto della Camera di Commercio di Genova e la collaborazione del Ministero della Cultura, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Cerpa Italia Onlus. Il bando di questo anno è pubblicato in https://urbanpromo.it/info/call-for-paper-2022/ la scadenza è il 3 ottobre 2022.

Il Soroptimist Italia ha promosso il progetto “La città che vorrei” per raccogliere idee, bisogni, proposte che configurino una realtà urbana a misura di donna. Secondo lei, una città che risponda ai desideri e alle istanze femminili è un ambiente in generale più vivibile per tutti?

Senza dubbio l’attenzione alle specificità di genere e la rispondenza alle richieste provenienti dalla presenza femminile consente alla città un funzionamento in grado di offrirle maggiore dignità, eguaglianza e libertà. Nell’Atlante, oltre i 200 casi, è documentata l’esperienza “Stare di casa nella città. Donne con disabilità” realizzata dalla “Casa delle donne Ravenna”, gestita dall’Associazione APS Liberedonne. Il percorso aveva evidenziato una totale assenza di partecipazione di donne con disabilità e una riflessione, molto parziale e solo accennata, del rapporto tra donne e città. Stare di casa nella città ha quindi cercato il coinvolgimento diretto di donne con disabilità e madri con figli/e con disabilità in modo da raccogliere quanti più punti di vista possibile rispetto ai temi della mobilità e della sicurezza urbana nel vivere quotidianamente la città. Il tema delle diseguaglianze – discriminazioni legate al genere è molto considerato al nostro interno. Nel gruppo di lavoro “Città accessibili a tutti” dall’inizio vantiamo la presenza di Piera Nobili, presidente del Cerpa Italia Onlus, da lungo tempo tra le persone studiose nonché militante più attente e impegnate per un cambio di paradigma sociale ma anche strutturale delle città in grado di migliorarne la fruizione di genere.

Il Pnrr offre strumenti progettuali ed economici per migliorare le nostre città, modernizzarle, adeguarle ai nuovi bisogni senza necessariamente perdere la loro “anima”, la loro storia, le loro peculiarità?

È decisamente difficile fornire una risposta seria in questa fase ancora tutta solo scritta nei progetti, molti dei quali usciti dal letargo dei cassetti, oppure abbozzata in ipotesi da definire. La dimensione complessiva è un po’ smisurata. Al Pnrr si affiancano gli altri numerosi programmi di finanziamento provenienti ancora dallo Stato e dall’Unione europea. Dal nostro punto di osservazione mi sembra utile sottolineare: la disarticolazione tra le istituzioni; le disposizioni farraginose nei differenti livelli di attuazione; la mancanza della continuità amministrativa; l’inesistenza di una visione comune per politiche di competenza regionale che possono arrivare a fare vivere alle persone (per assurdo) 20 modalità diverse e magari contrastanti nella relazione urbana. Ci sono però segnali positivi: è stata costituita una cabina di regia nell’ambito della Presidenza del Consiglio all’interno dell’Osservatorio sulle condizioni delle persone con disabilità che deve fornire una valutazione congrua per tutti i finanziamenti del Pnrr in termini di accessibilità e inclusione: se manca, il finanziamento non può essere emesso; il cronoprogramma continua a essere rispettato nonostante vastità e complessità che prima cui ho accennato; le amministrazioni pubbliche sebbene con organici sofferenti stanno ottemperando all’iter progettuale-attuativo.

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Bruxelles, città sostenibile

Intervista a Laura Ferrara, Europarlamentare

di Luigina Pileggi

Una città a misura di famiglia. Ma soprattutto a misura di donna. Dove servizi per l’infanzia, trasporti e sostegni sono alla portata di tutti e soprattutto di tutte. A raccontare come si vive a Bruxelles è Laura Ferrara, eurodeputata italiana (M5s), che da Cosenza (Calabria) ha deciso di trasferire tutta la sua famiglia nel cuore pulsante dell’Europa.

Da giovane donna e mamma, infatti, dopo un primo periodo da “pendolare”, ha deciso di portare con sé marito e i suoi due figli, che nel frattempo sono diventati tre. “Quando sono stata eletta nel 2014 mi spostavo solo io e cercavo di capire come organizzare la mia famiglia, avendo due bambini molto piccoli, uno di un anno e una di tre anni e mezzo. Viaggiavo continuamente e i miei figli li lasciavo sempre in Italia. Ogni volta però era una sofferenza. Per questo li ho iscritti a due asili privati: 15 giorni frequentavano quello di Bruxelles e altri 15 giorni quello di Cosenza. Una situazione che però non era affatto ideale, creando instabilità nei bambini che, appena stringevano un’amicizia venivano catapultati in un’altra realtà, dove bisognava ricominciare tutto daccapo”.

Poi un episodio ha fatto scattare nella giovane mamma la decisione di cambiare vita. “I bambini stavano spesso con i nonni – spiega Laura Ferrara – un giorno mia mamma mi disse al telefono che quando sarei tornata da Bruxelles avrei visto camminare il mio secondo figlio. Lì ho capito che stavo perdendo momenti importanti della vita dei miei figli. Di certo avrei potuto lasciare tutto com’era, e da grandi avrei potuto raccontare loro quello che ho fatto come europarlamentare. Ma non sarebbe stata una consolazione. Così con mio marito decidemmo di trasferirci tutti a Bruxelles e iscriverli alle scuole Statali”.

E se per i primi anni è stata una staffetta continua, perché poi il venerdì si ritornava in Calabria, tutto è cambiato con l’arrivo del Covid, in quanto a Bruxelles la scuola è sempre rimasta aperta.

Da qui la decisione di rimanere a vivere di più nel cuore dell’Europa.

“Bruxelles è una città bellissima con un unicum – evidenzia la giovane mamma – è una città multietnica, dove si ha la possibilità di conoscere persone da tutte le parti del mondo. Quando iscrissi mia figlia a scuola, chiesi alla maestra di avere un occhio di riguardo per mia figlia perché non parlava bene il francese, in quel momento scoprii che il 90 per cento dei bambini era nella stessa situazione di mia figlia: c’erano bambini di nazionalità indiana, cinese, brasiliana, turca. Tutti con genitori che si trovano a Bruxelles per motivi di lavoro. E questo è un valore aggiunto, peculiare e meraviglioso, perché apre la mente e dà la possibilità di conoscere senza alcun tipo di pregiudizio lingue e culture diverse”.

Ma oltre all’aspetto culturale e sociale, Bruxelles è anche una città che va incontro alle famiglie e soprattutto alle giovani coppie. Sono previsti infatti assegni, sussidi e diversi aiuti per fronteggiare le spese relative alla crescita dei figli. E questo favorisce la creazione di giovani famiglie e soprattutto le nascite: avere tre o quattro figli, a queste latitudini, è infatti normalissimo. Ben diversa invece la situazione in Italia, dove i sussidi sono quasi inesistenti. “Per una donna – prosegue Ferrara – conciliare la vita lavorativa con quella di mamma in Italia è molto difficile, soprattutto quando i figli sono piccoli. Gli asili nidi sono pochissimi e se non si ha la fortuna di avere nonni in forza fisica di stare dietro ai bambini diventa difficile poter conciliare l’attività professionale e lavorativa. Per le difficoltà organizzative ed economiche molti giovani rinunciano o ritardano il desiderio di avere una famiglia”.

E poi ci sono i servizi. “La città è piena di spazi verdi attrezzati per i più piccoli – spiega Laura Ferrara – con spazi dedicati a loro, giochi e percorsi ben tenuti e funzionali, cosa non proprio scontata dalle nostre parti. Nonostante il clima non proprio favorevole, si vive spesso all’aperto, anche quando c’è la pioggia”. Tantissime sono poi le attività parascolastiche organizzate quotidianamente, con un’offerta molto ampia che spazia dalle attività sportive a quelle musicali a corsi di manualità, falegnameria e creatività. Tutto promosso dai Comuni, scuole, associazioni e strutture sportive. E poi ci sono le domeniche di lettura al parco per i più piccoli.

Anche per quanto riguarda i trasporti, Bruxelles è a misura di famiglia. Metro e autobus collegano in modo capillare tutti i quartieri e questo permette di non perdere tempo per raggiungere il posto di lavoro o per spostarsi per qualsiasi altra attività. Si utilizzano i mezzi pubblici, che arrivano con precisione”.

Insomma, due mondi differenti, con un gap abissale per le famiglie. Ecco perché l’auspicio è quello di poter utilizzare al meglio i fondi del Pnrr, attuando riforme strutturali capaci di migliorare la condizione dell’Italia, che si trova attualmente in una situazione di arretratezza sotto tutti i punti di vista, dai trasporti alla digitalizzazione al sistema sanitario. “Se saputi utilizzare – conclude l’europarlamentare – i fondi per il Sud possono rappresentare un momento di ripartenza importante, che va saputa cogliere e non sprecare. Questa è un’occasione unica che non dobbiamo perdere. Perché altrimenti non avremo più scusanti”.

Nel parco Bruno Kreisky sono stati creati posti a sedere in un’area chiaramente organizzata.
ORF/Louis Ebner

Vienna, tutta da vivere

di Elisabetta Heindl, Studentessa di Scienze naturali e Lingue

Vienna è considerata una pioniera nella pianificazione urbana orientata al gender. Sotto il concetto del gender mainstreaming, la città di Vienna si impegna da oltre 15 anni a pianificare l’urbanistica in base alle esigenze quotidiane delle donne.

La “pianificazione di genere” è una strategia di garanzia della qualità nella pianificazione urbana che tiene conto in modo specifico gli interessi e le esigenze dei diversi gruppi sociali. Nei quartieri, non solo il genere ma anche i ruoli sociali e i diversi gruppi sociali, le persone di tutte le età e i diversi contesti culturali sono inclusi nella pianificazione. Era centrale il fatto che tutto il necessario fosse disponibile nelle immediate vicinanze: ambulatori medici, scuole, negozi.

Già 30 anni fa questo concetto veniva chiamato “città delle brevi distanze”. Oggi si parla di “città di 15 minuti”, ed è diventato un concetto riconosciuto a livello internazionale. Questo concetto descrive l’uso di strutture miste attraverso le quali si possono raggiungere tutto ciò di cui si ha bisogno per la vita quotidiana entro i 15 minuti. Una mostra intitolata “Chi possiede lo spazio pubblico? Women’s Everyday Life in the City” ha affrontato per la prima volta il tema del camminare, degli spazi di paura e di benessere, nonché dell’importanza dei parchi e degli spazi verdi per i bambini, gli anziani e le persone che se ne prendono cura.

Inoltre, si tratta di essere in grado di coprire queste distanze in modo confortevole e sicuro. Ad esempio, se i marciapiedi non sono abbastanza larghi da permettere a una carrozzina di camminare accanto a un altro bambino, rappresentano un problema per le giovani famiglie. Anche loro, così come le persone in sedia a rotelle o con deambulatori, trarrebbero beneficio da un maggior numero di rampe nel paesaggio urbano. Anche per i bambini e gli anziani è fondamentale disporre di posti a sedere sufficienti negli spazi pubblici per riposare e trattenersi. Come progetto pilota, queste stesse misure sono state ampliate a Mariahilf.

Le amache del Bruno-Kreisky-Park sono pensate per invitare le persone a soffermarsi. ORF/Louis Ebner

La percezione della sicurezza è un altro aspetto da tenere in considerazione nella pianificazione. Statisticamente, i giovani uomini sono i più frequenti autori e vittime di esperienze di violenza negli spazi pubblici. Le ragazze e le donne, tuttavia, sono molto più frequentemente esposte ad aggressioni e molestie sessuali. L’obiettivo di una pianificazione che risponda alle esigenze di genere è quello di progettare gli spazi pubblici in modo che le persone possano orientarsi facilmente.

Perciò anche nei parchi si è riflettuto sulle esigenze di comfort e sicurezza delle donne e delle ragazze della città. Ad esempio, nel parco Alois Drasche è stata garantita una maggiore sicurezza grazie alla scelta di piantare cespugli bassi e di integrare una migliore illuminazione, che rendono il parco un luogo sicuro soprattutto anche di notte.

Il passaggio nel parco Alois Drasche è illuminato e i cespugli sono tagliati bassi.ORF/Louis Ebner

I luoghi che potenzialmente scatenano il disagio sono chiamati spazi della paura. La sensazione di sicurezza può essere supportata da piani di misure, come l’installazione di specchi, il taglio delle siepi e l’illuminazione dei luoghi.

In questo modo, aumentano anche i parcheggi per le donne in tutta la città. Questi sono collocati in luoghi facilmente visibili, ben illuminati e di solito anche in prossimità di uscite. In questo modo, come donna, ci si sente più sicure nell’ambiente circostante e si può chiedere aiuto rapidamente in caso di emergenza.

In un confronto internazionale, Vienna si distingue soprattutto per la progettazione di parchi sensibili al gender. Alcuni studi hanno dimostrato che a partire dall’età di circa nove anni le bambine trascorrono meno tempo nei parchi. Ciò è dovuto al fatto che le strutture logistiche e sportive erano fortemente orientate alle esigenze dei giovani maschi.

Spesso le ragazze giovane vengono cacciate dalle aree di calcio perché i ragazzi sono dell’opinione che non abbiano diritto di stare qui, un comportamento definito dai sociologi come “il diritto del più forte”. Allo stesso tempo, però, si sapeva dai sondaggi che le ragazze trovavano interessante il calcio, ad esempio. Perciò in alcuni parchi, come nel parco Alois Drasche, i responsabili del parco organizzano regolarmente dei tornei di calcio specialmente per le ragazze.

Progetti speciali Seestadt e Sonnwendviertel

Nelle aree di sviluppo urbano Seestadt e Sonnwendviertel si è cercato di combinare molte di queste misure. Inoltre, in entrambe le aree è stato dato un segnale per quanto riguarda l’intitolazione di strade e piazze: Quasi tutte le strade e le piazze portano il nome di artiste e scienziate. Perché nel resto di Vienna, un numero sproporzionato di luoghi porta il nome di uomini. Kail afferma: “Si può dire che è una politica simbolica, ma è un segnale importante e serve da modello per i bambini e i giovani.

La riprogettazione del Reumannplatz è considerata un progetto modello per la partecipazione dei cittadini. Il prolungamento della linea metro U1 ha reso possibile la rimozione dei binari del tram che dividevano Reumannplatz in due. L’ufficio di pianificazione del paesaggio «tilia» ha pianificato attività con offerte per diversi gruppi. Ad esempio, le persone sono state interrogate sulle loro esigenze in varie sedi con caffè e dolci in diverse lingue.

“Un tema molto importante è il cosiddetto lavoro di cura”, afferma Eva Kail, esperta di pianificazione equa di genere presso il Dipartimento di Urbanistica, in un’intervista rilasciata a Radio Vienna. Si tratta del lavoro domestico e familiare, come i compiti di cura e la casa. Il design della città può sostenere o limitare le persone nel perseguire questo lavoro. Inoltre, ci sono semplicemente interessi diversi. Le ragazze tendono a praticare sport di equilibrio come la pallavolo e a preferire ritiri comunicativi protetti. I progetti modello sono stati realizzati con il coinvolgimento attivo delle ragazze.